Transgender: qual è il significato di questa parola?

  • «”Transgender“, qual è l’esatto significato di questo termine? Ho fatto molte ricerche ma le fonti danno risposte poco chiare.»
  • «Chi ha coniato la parola “transgender”? Chi l’ha diffusa?»
  • «Come la parola “transgender” ha acquisito un significato politico?»
  • «Quali sono le rivendicazioni del movimento transgender
  • «Perché la comunità trans* preferisce la parola “transgender” a “transessuale“?»
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Chi sono le persone transgender?

 

 

Le persone transgender transgenere sono individui che hanno un’identità e/o un’espressione  che si discosta dal genere assegnato alla nascita.

Il movimento transgender mondiale sta gradualmente abbandonando il termine transessuale in favore di transgender.

Questa scelta ha diverse motivazioni:

  • la maggiore inclusività e rappresentatività della parola.

Se il termine transessuale porta semanticamente con sé il concetto di sesso biologico e la visione duale (o binaria) dei generi, indicando il passaggio da un sesso all’altro  e risulta legato all’esperienza di medicalizzazione dei corpi iniziata nel secolo scorso, la parola transgender riporta l’attenzione sul genere, divenendo nel tempo un termine ombrello che ha raccolto sotto di sé esperienze anche molto differenti. Molte persone trans, ad esempio, rifiutano di sottoporsi ad interventi agli organi genitali, altre rigettano in toto terapie ormonali e interventi chirurgici, mettendo in atto una transizione solo “sociale”. Transgender definisce quindi non soltanto le persone trans che intraprendono un iter di transizione medicalizzato e legalmente riconosciuto (MTF ed FTM) ma, più in generale, tutte quelle persone che non si riconoscono nella visione duale dei generi, chiamate di genere non conforme.

  • il rifiuto dell’inquadramento della condizione trans nella patologia, in particolare dal punto di vista psichiatrico, e la conseguente scelta di un termine veicolato e reso popolare dal movimento transgender e non dalla classe medica.

La condizione transgender è anche chiamata transgenderismo transgenerità.

 

Transgender è un termine “ombrello”, che comprende molte diverse sfumature nel gender spectrum

 

Qual’è l’origine del termine transgender?

Il termine ha un’origine medicalizzata, essendo stato coniato nel 1965 da John F. Oliven, psichiatra della Columbia University, ma divenne popolare grazie a diverse persone transessuali, transgender e cross dresser che iniziarono a farne uso, come l’attivista Virginia Prince, che nel dicembre del 1969 lo utilizzò nel numero della sua rivista Transvestia, magazine nazionale per persone cross dresser.

Virginia Prince

 

 

Come nasce il movimento transgender?

Dalla metà degli anni ’80, si sviluppa il concetto di comunità transgender e la parola inizia ad essere utilizzata come un termine ombrello che ricomprende sotto di sé le persone transessuali, transgender e crossdresser.

Nel 1992, l‘International Conference on Transgender Law and Employement Policy definisce la parola “expansive umbrella term”, quindi un termine includente tutte le forme di non conformità di genere.

Nello stesso anno, nel pamphlet “Transgender Liberation: A Movement Whose Time has Come”, anche l’attivista Leslie Feinberg identifica transgender come la parola che raccoglie sotto di sé tutte le forme di non conformità di genere.

Leslie Feinberg

 

Il termine ha quindi un significato originariamente politico.

Quando e come il termine transgender arriva in Italia?

La cantante e scrittrice transgender Helena Velena fu tra le prime a portare la parola in Italia, con la pubblicazione del saggio Dal cybersex al transgender: tecnologie, identità e politiche di liberazione edito da Castelvecchi nel 1998.

Helena Velena

“Il transgender si basa quindi sull’idea che la totalità dell’esistente non sia ascrivibile a una logica binaria, contrapponendosi a quelle teorie di mantenimento dello status sociale, che vorrebbero invece una semplificazione del livello intepretativo che veda solamente i concetti dualistici, come positivo/negativo, giusto/sbagliato, buono/cattivo, bianco/nero e, appunto, maschio/femmina e uomo/donna.”

(Helena Velena, Manifesto del transgender, 1994).

Il termine indica quindi un movimento politico e culturale che contesta e decostruisce la visione eterosessista e duale (o binaria) dei generi, secondo la quale le identità di genere nell’essere umano sarebbero soltanto due, sarebbero immutabili e scaturirebbero del sesso genetico degli individui.

Vladimir Luxuria, divenendo la prima parlamentare transgender in Europa nel 2006ha infine reso il termine popolare e mediaticamente utilizzato anche in Italia.

 

Vladimir Luxuria

 

Io non sono malata

La transessualità (o transessualismo) è la condizione di coloro che hanno un’identità di genere non corrispondente al sesso biologico.

Per la scienza medica odierna, la persona trans* è affetta una patologia psichiatrica.

Infatti, secondo il DSM IV, il manuale per la classificazione dei disturbi mentali più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi in tutto il mondo, noi saremmo affetti da “Disturbo dell’Identità di Genere”.

E’ importante ricordare che il movimento transgender, nelle sue varie correnti e non solo in Italia,  rifiuta l’inquadramento psichiatrico della propria condizione, trovando adesioni sempre più consistenti nella comunità scientifica internazionale.

A questo proposito mi permetto si segnalarvi la possibilità di firmare una petizione per una campagna internazionale il cui nome originario dovrebbe essere “Trans people aren’t sick!” (Le persone trans* non sono malate). Il volto di questa campagna in Italia è Vladimir Luxuria (mi sfugge il motivo per cui lo slogan in italiano sia diventato “Io non sono malata!”, al femminile singolare, di fatto escludendo gli uomini T*…)

Chi fosse interessato potrà firmare la petizione sul sito:http://www.change.org/iononsonomalata.

In questo senso comunque sembra che qualcosa si stia muovendo.

Pare che nella quinta edizione del DSM,  il DSM V, che secondo il sito dell’APA (Associazione dei medici psichiatri americani) sarà probabilmente pubblicato nel mese di maggio, la dicitura “Gender Identity Disorder” (o “Disturbo dell’Identità di Genere”) sarà sotituita con la dicitura “Gender Dysphoria” (“Disforia o disagio di genere”).

Senza dubbio un importante passo avanti verso la depsichiatrizzazione della nostra condizione.

Non siamo ancora arrivati ad un’esclusione definitiva, ma potremmo arrivare ad un inclusione dell’identità trans* come patologia, ma come fenomeno naturale che richiede una combinazione di supporto psicologico e medico. Aspettiamo poi di leggere i nuovi criteri diagnostici e soprattutto vedere come cambieranno i protocolli di cura (mi riferisco alla psicoterapia e alle frustranti perizie psichiatriche oggi richieste dai giudici).