A sette anni dalla pubblicazione del saggio “Diurna. La transessualità come oggetto di discriminazione” Monica Romano, donna transgender e attivista per i diritti LGBTI, presenta il libro “Trans. Storie di ragazze XY”, romanzo di ispirazione autobiografica edito da Mursia.
Intervengono:
Antonio Steffenoni, scrittore.
Paola Morello, attrice e professionista milanese, donna e madre.
Sarà presente l’autrice.
Modera l’incontro:
Il libro è disponbile in tutte le librerie (Rizzoli, Lirus, Feltrinelli, Ibs, Amazon e in tutte le librerie online).
«I ragazzi della mia età spesso venivano a chiedermi a quale metà del cielo appartenessi. C’erano i maschi, c’erano le femmine, e c’ero io. Poteva essere questa la risposta? Non nel mondo in cui vivevo.»
«Sei maschio o femmina?» È il 1986 quando Ilenia si sente fare per la prima volta questa domanda. Al momento non sa cosa rispondere, non vuole essere diversa, è e basta. La ricerca di una vera risposta la accompagnerà lungo tutto il cammino attraverso l’adolescenza e verso l’età adulta. Il suo è il viaggio travagliato di una ragazza che sembra avere per la società e per i benpensanti un’unica meta, la prostituzione. Ma Ilenia è una persona che non si arrende e scompiglia fin da subito le carte del destino: nonostante bullismo, discriminazione, violenze fisiche e verbali, si laurea, trova un lavoro e un amore inaspettato, quello per una donna.
Le paure, le battaglie, le ferite, i traguardi di una giovane trans, che come tante altre ragazze XY, lotta per una vita serena e autentica, verso la libertà di genere e il pieno diritto di cittadinanza per le persone transgender nella società civile.
Pagina Facebook dedicata al libro
Domenica 12 aprile ho preso parte al presidio in risposta alle “Sentinelle in piedi” organizzato a Milano all’Arco della Pace.
Non ho partecipato in rappresentanza dell’associazione di cui faccio parte, il Circolo Harvey Milk di Milano, ma a titolo personale.
A chi mi ha chiesto se di domenica non avessi null’altro di meglio da fare, ho risposto che sì, avrei certo potuto fare di meglio, ma che scendere in piazza raprresenta un'”imperativo categorico” per me, come cittadina che rivendica la laicità delle istituzioni, come donna transgender e come lesbica.
Non posso infatti accettare l’idea che questa gente scenda in piazza per contrapporsi primariamente, ricordiamolo, ad un disegno di legge contro l’omotransfobia. Provo una forte rabbia, sì. Perchè queste persone, queste “sentinelle”, se non fosse chiaro a qualcuno, vogliono che la violenza contro le persone LGBT*, che quasi quotidianamente le cronaca ci restituisce, continui nell’omertà e nel silenzio, che non sia prevista un’aggravante delle pene comminate a chi ci insulta, ci picchia, ci ammazza. Vogliono riportare in auge le “teorie riparative”, secondo le quali omosessualità e transessualità sarebbero “curabili”. Vogliono entrare nelle nostre teste e correggerci. Vogliono che si continui ad impedirci di essere famiglia e si battono contro il riconoscimento sul piano legislativo e giuridico della nostra esistenza e dignità. Tutto questo dietro al paravento della “libertà di espressione” e di modalità solo apparentemente pacifiche di manifestare. La realtà è che dietro al silenzio e ad un pacifismo di facciata, si nasconde la più feroce, colpevole e fascista intenzione di reprimerci e annullarci.
Tenendo la mano della mia compagna, ho osservato questi difensori della “famiglia naturale” mentre inscenavano con solerzia la solita demenziale rappresentazione: disposti in ordinatissime file, con gli sguardi rivolti sui loro bei libretti, in silenzio.
Fra noi e loro un cordone di poliziotti, a tutela della sicurezza di tutt*.
A promuovere il presidio a cui ho preso parte, ancora una volta (se ne era già tenuto uno a dicembre, promosso da “I sentinelli”), non è stato l’associazionismo LGBT* “tradizionale”, ma altre soggettività (questa volta il collettivo “Le lucciole” e i Pastafariani), e di questo non posso che rammaricarmi.
Credo infatti che dovrebbero essere le associazioni LGBT*, in primis quelle considerate più rappresentative (a ragione o a torto), a promuovere ed organizzare presidi in risposta alle Sentinelle in Piedi, avendo un ruolo da protagoniste.
La dialettica è invece a ruoli invertiti: sono le altre soggettività, come i già citati Sentinelli (che hanno tutto il mio rispetto e la mia stima, non mi si fraintenda), a promuovere ed organizzarre i presidi. Le associazioni, semplicemente, scelgono se aderire o non aderire, accodandosi ad iniziative promosse da altri.
Questo perchè fino ad ora l’associaziosmo LGBT* ha scelto di ignorare le Sentinelle in Piedi, ritenendo che manisfestare contro questa gente significhi fare il loro gioco, offrire loro visibilità. E’ così accaduto che l’indignazione che le persone LGBT*, i loro amici, familiari e sostenitori provano nei confronti di chi scende in piazza al solo scopo di negare diritti e dignità, sia stata (legittimamente!) cavalcata e catalizzata da altre organizzazioni.
Un grave errore politico.
Purtroppo, negli ultimi anni, il “manifestare contro” e l’idea stessa di protesta hanno perduto moltissimo appeal politico presso i nostri movimenti. Giorni fa una militante di Arcilesbica, durante una riunione del Coordinamento Arcobaleno delle associazioni LGBT* milanesi, giustamente ricordava come alla legge 194 sull’aborto, vera conquista di civiltà, si sia arrivati protestando e facendosi sentire.
Dovremmo essere noi, gli addetti ai lavori, i volontari delle associazioni aperte e operative tutto l’anno, a studiare il caldendario delle Sentinelle e ad organizzare qui a Milano il prossimo presidio, potendo così dare anche la linea sul comportamento da tenere durante la manifestazione, garantendo regole e contenuti condivisi nell’espressione del dissenso della nostra “base”.
Questa è la proposta che porterò presso la mia associazione, il Milk, che, essendo associazione plurale, porta giustamente in sè differenti punti di vista e sensibilità sulla questione, nella speranza che trovi accoglimento e condivisione.
Anche se così non dovesse essere, continuerò a prendere parte a presidi e proteste a titolo personale, nella speranza che l’associazionismo LGBT* sia protagonista e promotore delle future mobilitazioni.
Martedì 13 gennaio, con Alessandro Rizzo e Leonardo Meda (vicepresidente e consigliere del Milk) siamo stati ospiti degli studenti del Liceo Scientifico Statale “Vittorio Veneto”, che ci hanno chiesto, tramite Michele, rappresentante degli studenti in consiglio d’istituto, di intervenire nell’ambito di una cogestione.
In aula più di settanta studenti, più tre professori di area umanistica.
I nostri interventi hanno riguardato la storia del movimento LGBT, la legislazione italiana ed internazionale e la battaglia per i diritti civili, la bisessualità, il transgender e le tematiche di identità di genere, il tema della discriminazione nel lavoro delle persone transgender, il tema della depatologicizzazione dell’omosessualità e della depsichiatrizzazione della condizione trans.
A sorprendermi in modo molto positivo sono state soprattutto le reazioni dei ragazzi: attenti, interessati, portatori di quesiti intelligenti e ragionati, visibilmente contenti della nostra presenza.
Uscita dall’istituto, ho sentito la grande soddisfazione derivante dal poter interagire e dialogare con una platea di giovani, con il nostro futuro. Un’esperienza che come associazione ripeteremo quanto prima in altri istituti scolastici, e che sono sicura sarà solo l’inizio di un percorso di lavoro e sensibilizzazione nelle scuole.
Ecco il link all’articolo scritto da Alessandro Rizzo per il blog dell’associazione: http://www.milkmilano.com/?p=5761.