http://https://www.youtube.com/watch?v=t_B6Cka0RcY&app=desktop
Faccio fieramente parte di quei “quattro pirla” (così il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni ci ha definito) che sabato hanno presidiato e manifestato contro chi vorrebbe curare le persone LGBT, contro coloro che ritengono di poter entrare nelle nostre teste, nelle nostre vite, e “correggerci”.
Tutto questo è spaventoso, e riporta a pagine e momenti molto bui della nostra Storia.
Ma la nostra Storia è anche quella di un movimento LGBT italiano che già nel lontano 1972, a Sanremo, con il grande Mario Mieli in prima linea, contestava quei “luminari” che volevano curare l’omosessualità con “terapie di avversione”.
Sarà la nostra luce a vincere l’oscurantismo di chi vorrebbe ricacciarci nella patologia, saranno i nostri colori, i nostri bellissimi arcobaleni, a vincere.
Maroni, tu e la tua Lega siete feccia e rappresentate il peggio dell’Italia.
Spero con tutta me stessa di vedervi presto sprofondare politicamente e umanamente.
#quattropirlatuasorella
#quattropirla
#4pirlatuasorella
A 31 anni dalla sua tragica scomparsa, ricordiamo Mario Mieli, attivista e figura storica, considerato un fondatore del movimento LGBT* italiano.
L’anno scorso il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli ha pubblicato un libro, “Mario Mieli: 30 anni dopo”, di Franco Buffoni.
Avendo avuto la fortuna di partecipare alla presentazione del libro presso l’associazione di cui faccio parte, il Circolo Harvey Milk di Milano, e l’onore di conoscere l’autore, non posso che consigliare caldamente la lettura di questa preziosa opera.
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=5i2xnoKaB8Q] [youtube=http://www.youtube.com/watch?v=CMmwCsQzJIc]“Gender variance” (“variabilità di genere”) è un’espressione utilizzata in diversi ambiti: dalla psicologia alla psichiatria, dall’antropologia fino ai “gender studies”, e può essere indicata come l’attitudine del genere sessuale a manifestarsi in una pluralità di sfumature.
Lo spettro della gender variance ricomprende in sé molte etichette che identificano le diverse identità di genere (spesso erroneamente definite orientamenti sessuali) includendo quelle oggi più conosciute, come “sissy” (traducibile in italiano con “checca”), “bear” (uomini dall’aspetto virile e dalla corporatura robusta, spesso pelosi, che hanno dato vita ad una comunità sviluppatasi trasversalmente ed afferente al mondo gay), “crossdresser” (chi mette in atto il “crossdressing”, ovvero l’indossare un vestiario comunemente associato al genere opposto), “butch” (lesbica con atteggiamenti ed abbigliamento maschile), “femme” (lesbica con atteggiamento ed abbigliamento femminile che ama le lesbiche butch), “lipstick lesbian” (lesbica con atteggiamento ed abbigliamento femminili che ama lesbiche con le stesse caratteristiche), “tomboy” (bambina o ragazza che assume atteggiamenti e vestiario comunemente associati al genere opposto), fino ad arrivare a “transgender“.
Etimologicamente, il termine transgender potrebbe essere utilizzato come sinonimo di “gender variance”, ma la prassi d’utilizzo di questa parola negli ultimi anni ha ormai ristretto la sua portata alla condizione di coloro che non si identificano con il genere assegnato alla nascita che, come è noto, in relazione alla ben più ampia realtà della variabilità di genere nell’essere umano, rappresentano solo la punta di un’iceberg.
La portata definitoria della parola transgender resta pur sempre ampia, poiché oggi comprende sia quelle persone che, al termine di un percorso ormonale e chirurgico di “transizione” che può essere MTF (Male To Female, da maschio a femmina) o FtM (Female to Male, da femmina a maschio), si definiranno semplicemente “neodonne” o “neouomini” (fino a non molto tempo fa definite “transessuali”, termine che sta lasciando gradualmente il posto al più appropriato “transgender”), sia coloro che, pur non riconoscendosi nel genere assegnato alla nascita, intraprendono un percorso di autodeterminazione che decostruisce il modello binario “maschio-uomo” / “femmina-donna”.
Il concetto di variabilità di genere restituisce la complessità dell’essere umano in relazione alle identità di genere, e l’oggettiva impossibilità di ricondurre tale pluralismo identitario ed espressivo alla rigida e binaria schematizzazione figlia del “genderismo”, ovvero dell’idea che esistano solo due generi sessuali, e che il genere di ognuno, o la maggior parte dei suoi aspetti, scaturisca e sia conseguenza del sesso genetico della persona. E’ infatti dal genderismo che deriva il dualismo sessuale ed affettivo ormai entrato a pieno titolo nell’immaginario collettivo, che prevede due sole opzioni: omosessualità ed eterosessualità.
Alcuni esempi di mistificazioni, spesso accompagnate da un’intento normatorio, figlie del radicamento del dualismo sessuale nell’immaginario collettivo:
Gli esempi potrebbero continuare a lungo, portandoci ad un punto d’arrivo che potremmo considerare un auspicio: è necessario superare una riduttiva visione binaria degli orientamenti che tiene conto, avendo in sé anche un intento normatorio, solo e soltanto del sesso genetico o della conformazione dei genitali delle persone, ignorando tutte le sfumature identitarie. Come già evidenziava Martine Rothblatt ormai quasi vent’anni fa nel suo “L’apartheid del sesso”, non è possibile che sette miliardi di persone possano essere rappresentante da uno schema che prevede due sole opzioni.
L’obiettivo di lungo periodo di una riformulazione “gender sensitive” degli orientamenti non è certo quello di aumentare in maniera esponenziale le etichette, le categorie e le definizioni. L’auspicio è infatti quello di non averne più bisogno in futuro, in un sistema culturale autenticamente libertario e non repressivo di tutt* le identità e gli orientamenti. Ma nel breve periodo le etichette sono necessarie affinché l’immaginario collettivo introietti una fotografia più fedele della straordinaria complessità dell’essere umano.
Già Mario Mieli, in “Elementi di critica omosessuale“, definiva transessualità “la disposizione erotica polimorfa e indifferenziata infantile che la società reprime e che, nella vita adulta, ogni essere umano reca in sé allo stato di latenza oppure confinata negli abissi dell’inconscio sotto il giogo della rimozione“. Secondo Mieli siamo tutti transessuali, nel senso che siamo tutti oltre la “monosessualià” nella quale la “Norma” vorrebbe incasellarci. Riappropriarci quindi del nostro “polimorfismo” originario in un processo di liberazione, ci condurrebbe alla “pansessualità“. Mieli afferma che “data la contrapposizione storica concreta fra individui che riconoscono i propri desideri omoerotici e altri che invece tassativamente li negano, non si può oggi evitare di distinguere gli omosessuali manifesti dagli eterosessuali“, non trovandosi d’accordo con coloro che invece ritengono che le etichette che definiscono gli orientamenti vadano abbandonate da subito: il rischio di una simile deriva che, utilizzando una definizione più recente, potremmo definire “Queer”, sarebbe infatti quello di un appiattimento della complessità identitaria e degli orientamenti, che potremo permetterci solo e soltanto quando tutt* le identità e gli orientamenti avranno pari dignità sociale e culturale.
Bibliografia