LA PRIMA MARCIA A MILANO PER I DIRITTI TRANSGENDER: “TRANS LIVES MATTER”

 

La prima marcia per i diritti transgender a Milano

 

TRANS LIVES MATTER MILANO con Monica J. Romano e Antonia Monopoli

Prima marcia transgender “Trans Lives Matter” con Monica J. Romano e Antonia Monopoli

 

L’idea di organizzare la prima marcia per i diritti transgender a Milano è venuta a me e ad Antonia Monopoli durante un caffè nell’ottobre del 2022.

Antonia aveva compiuto 50 anni da poco, e mi confidò che in gioventù mai avrebbe pensato di arrivare a quell’età. Questo perché, quando noi eravamo giovani, l’aspettativa di vita delle donne trans era molto bassa.

Così le dissi: “Perché non organizziamo una marcia qui a Milano in occasione del 20 novembre – Transgender Day Of Remembrance? Ci sembrò da subito un’idea stimolante, ma temevamo di non avere le risorse per organizzare un vero e proprio corteo. Inoltre, il tempo stringeva: al 20 novembre mancava poco più di un mese!

 

L’organizzazione della “Trans Lives Matter”

 

Decidemmo di metterci al lavoro immediatamente e di coinvolgere le nostre realtà associative: Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET, da me fondata con Laura Caruso e Daniele Brattoli) e Sportello Trans di Ala Milano onlus (in cui Antonia è attiva dal 2010).

Costituimmo un piccolo gruppo di lavoro e ci mettemmo all’opera. Contattammo la questura e l’Ufficio Manifestazioni del Comune di Milano per richiedere le autorizzazioni, scegliemmo il nome da dare alla nostra marcia.

Optammo per Trans Lives Matter (le vite delle persone trans contano), ispirandoci al Black Lives Matter.

 

Trans lives matter – Prima marcia transgender a Milano

 

Lavorammo poi ai comunicati stampa, alle campagne social, alla creazione dei cartelli, dello striscione, al reperimento di candele, tutto con un unico obiettivo: ricordare e commemorare le persone trans vittime di odio, onorarne la memoria, rivendicare la nostra esistenza nello spazio pubblico.

 

Il successo della prima marcia trans a Milano

 

Domenica 20 novembre 2022 intorno alle 17 – ora del concentramento in Piazza Oberdan – accadde una cosa che mai ci saremmo aspettate: più di 2 mila persone decisero di scendere in strada e di marciare con noi fino a Piazza della Scala!

Trans Lives Matter

Un successo davvero inaspettato, se consideriamo che abbiamo avuto poco più di un mese per organizzare la marcia e scarse risorse economiche, che le persone transgender mai hanno organizzato una manifestazione a Milano in completa autonomia e che i diritti transgender hanno sempre richiamato nelle piazze un numero esiguo di persone.

Un successo anche politico, con la presenza delle istituzioni, a partire dalla Presidente del Consiglio comunale di Milano Elena Buscemi, ma anche di personalità importanti come quella dell’amica Vladimir Luxuria.

 

Rassegna stampa

 

 

Galleria fotografica

 

 

Milano ha approvato il primo “Registro di Genere” in Italia per le persone transgender

https://www.youtube.com/watch?v=bYKjc7vOJ1g

 

Sono felice e orgogliosa di poter annunciare una vittoria storica: il Consiglio Comunale ha approvato la mia mozione per l’istituzione di un Registro per il riconoscimento del genere di elezione per le persone transgender, gender non-conforming e non binarie.

Il Registro consentirà ai cittadini transgender milanesi di avere i documenti di riconoscimento di competenza del Comune (abbonamento ATM, tessere delle biblioteche, badge e documenti di riconoscimento aziendali per i dipendenti del Comune di Milano e delle aziende partecipate) con il nome da loro scelto e non più il nome anagrafico.

La mozione approvata prevede inoltre misure per rendere effettivo il diritto di voto delle persone transgender che – a causa del problema dei seggi elettorali suddivisi in base al sesso – spesso disertano le urne per evitare situazioni di imbarazzo. D’ora in poi, per ottenere i documenti con il nome scelto, per i cittadini transgender sarà quindi sufficiente fare una dichiarazione davanti a un ufficiale di stato civile.

In attesa di una nuova legge nazionale che riconosca il diritto all’identità di genere e all’autodeterminazione delle persone transgender – la legge attualmente in vigore è ormai di 40 anni fa e del tutto inadeguata – l’approvazione di questo registro è un traguardo molto importante. Oggi le persone transgender devono affrontare percorsi che possono durare anche anni, frustranti quanto costose perizie psichiatriche e mediche, passaggi da avvocati e tribunali che allungano i tempi e costano migliaia di euro – prima di vedere riconosciuto un diritto che dovrebbe essere dovuto e soltanto validato dalle istituzioni.

Tutto questo avviene in contrasto con gli orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che – ormai quattro anni fa – ha stabilito che essere transgender non è una malattia psichiatrica.

Come il Registro delle Unioni Civili approvato a Milano nel 2012 anticipò il riconoscimento delle coppie omosessuali, oggi il Registro di Genere sarà avanguardia per il riconoscimento della cittadinanza delle persone transgender.

 

Le donne transgender sono donne. Con buona pace delle femministe “gender critical”

“Auguri a voi per cui questo augurio è un riconoscimento identitario.”
Come sempre il mio amico Nathan Bonnì trova le parole giuste.
Per noi donne transgender gli auguri in questa giornata sono prima di tutto il riconoscimento di un faticoso percorso di vita.
So che questa è una ricorrenza che deve vederci tuttə impegnatə nella lotta al patriarcato pubblico e che non c’è proprio nulla da festeggiare.
Ma credo che sia inevitabile per noi gioire quando ci vediamo viste e riconosciute dal mondo esterno per ciò che siamo, a dispetto dei tanti che ancora si ostinano a sottolineare il mero dato biologico, giocandoselo anche come strumentalizzazione politica.
Non mi riferisco soltanto alle Meloni o agli Adinolfi, ma anche a un’area del femminismo che si diverte a sottolineare un giorno sì e l’altro pure che noi non saremmo donne per una questione cromosomica, rivendicando un’inquietante idea di purezza dell’esser donna.
Ogni dichiarazione di questo genere contribuisce a discriminare, svilire e umiliare in modo profondo centinaia di migliaia di ragazze e donne trans che già faticano enormemente ad affermarsi in una società che discrimina.
Ogni dichiarazione di questo genere ferisce e fa sanguinare, altro che dibattiti pseudoaccademici sul “gender”.
Ogni dichiarazione di questo genere contribuisce a mantenere il tasso di suicidi fra persone trans fra i più alti in assoluto.

Per fortuna esiste una società civile che è più avanti di certa politica e di certe femministe completamente obnubilate dai polverosi dibattiti sul sesso degli angeli che riempiono le loro giornate.
Per fortuna esistono persone come il mio amico Nathan, o i ragazzi del bar sotto casa mia che stamattina – insieme alla mimosa – hanno pensato a un regalino per me, o ancora persone con cui ho lavorato e collaborato nel corso degli anni nell’ambito HR, che mi hanno scritto cose meravigliose.
E, ultimo ma non certo ultimo, il mio papà, che da anni non manca di farmi i suoi auguri.

Queste sono le persone che rappresentano il risultato, ma anche il futuro e l’orizzonte di tutte le nostre lotte. Grazie di esistere. 

Checco Zalone, a Sanremo, con le persone transgender, hai sbagliato!

Sono molto arrabbiata per l’esibizione di Checco Zalone a Sanremo.

Sarà anche vero che era partito con il proposito di combattere gli stereotipi e i pregiudizi, ma ha finito per rafforzarli.

Ha fatto un danno enorme a una comunità, quella transgender, che in Italia conta più di 400 mila persone. E, più di tutto, ha ferito le persone trans più giovani nel profondo. Ragazze che si mettono in contatto con me con le lacrime perché prese in giro dai compagni, stamattina, appena giunte in classe. Derise con l’accento sudamericano e trattate come lavoratrici del sesso. Complimenti davvero, Sanremo!

Cara Drusilla, perché a Sanremo non mi sei piaciuta

UNA COMODA RIVOLUZIONE

Cara Drusilla Foer,

per “dare un senso” alla tua presenza su quel palco, avresti dovuto osare una parola di solidarietà e vicinanza alla comunità transgender e non binaria italiana, offesa e ferita dalla performance di Checco Zalone della sera precedente.

So che pronunciare la parola “trans” sul palco dell’Ariston sarebbe stato sconveniente e che avrebbe urtato i benpensanti, ma è così che avresti dato contenuto reale a quell’aggettivo da te pronunciato con tanta e coinvolgente enfasi: “rivoluzionario”.

Che, certamente, pronunciato come hai fatto tu è anche bello da ascoltare e ci suona bene, ma poi non mantiene la sua promessa. Perché accennare appena al tema fluidità, per poi immediatamente abbandonarlo e rivelarci che siamo tutti unic*, è davvero troppo comodo. E le rivoluzioni, quelle vere, non stanno in deludenti ossimori.

Sono molto d’accordo con te quando affermi che dobbiamo prendere tutte le nostre parti e abbracciarle, ogni singolo pezzo del mondo che ci abita, per poi prenderci per mano e portarle fuori.

È quello che ci diciamo da anni nella nostra comunità, ma dobbiamo farlo in contesti protetti, perché fuori corriamo seri pericoli per la nostra incolumità.

Dici che “dovremmo smettere di farci la guerra”, altra frase buona per tutte le occasioni e che non scontenta nessuno, ma avresti dovuto dire che noi la guerra non la facciamo, la subiamo.

Dire che siamo tutt* unic* è come dire che siamo uguali, ed è molto comodo perché assolve tutti, ma tu sai bene che non è così. C’è chi agisce guerra e violenza in questo paese, e chi la subisce.

Per questo, 50 anni fa, proprio a Sanremo, nasceva il movimento omosessuale, e sarebbe stato coraggioso da parte tua ricordarlo su quel palco. Ma il coraggio di un omaggio a un movimento che celebrava quella parolina che a te non piace – “diversità” – sarebbe stato scomodo, e in effetti coraggio e comodità non vanno insieme.

Peccato, perché – se tu stai su quel palco a parlare di unicità – lo devi a chi 50 anni fa si è esposto in nome di una differenza, rischiando di perdere tutto ciò che aveva.

Ti apprezzo come artista e continuerò a seguirti con affetto, ma non con l’entusiasmo con cui ti ho seguita fino ad oggi. La sensazione che mi lasci dopo questo Sanremo è quella dell’ennesima occasione persa.