
Parole o-stili di vita. Media e persone LGBTQIA+
LGBT è una sigla utilizzata come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender.
Parole o-stili di vita. Media e persone LGBTQIA+
Ci vediamo venerdì alle 21 anche in diretta dalle pagine Milano Pride, PD Milano Metropolitana, Arcigay Milano e Coordinamento Arcobaleno
Ci vediamo mercoledì alle 19 in diretta streaming sulla pagina di Pierfrancesco Majorino per parlare della manifestazione del 10 ottobre a Milano a sostegno del disegno di legge Zan contro la violenza e le discriminazioni per genere, orientamento sessuale e identità di genere. Con Alessandro Zan, Diana de Marchi, Luca Paladini e Daniele Nahum.
È molto importante che nel testo della #legge di Alessandro Zan contro l’#omotransfobia che sarà discussa in #Parlamento sia menzionata e DIFESA l’espressione “identità di genere”:
1) Perché più inclusiva di tutto lo spettro della variabilità di genere.
Non soltanto le persone #transessuali e #transgender che hanno optato per percorsi di transizione medicalizzati e riconosciuti, ma anche le persone #gender #nonconforming e non binarie devono essere protette dall’odio omotransfobico;
2) Perché è più che mai urgente contrastare e delegittimare il #negazionismo dell’identità di genere portato avanti da frange minoritarie, ideologiche ed estremiste: le femministe trans-escludenti o #TERF (Arcilesbica, le firmatarie della “Declaration on Women’s Sex-Based Rights”) e il fondamentalismo cattolico (Sentinelle in Piedi, Pro Vita, Adinolfi).
Jazz Jennings, teenager transgender
Jazz Jennings è uno dei primi casi di transizione MTF (Male to Female, da uomo a donna) documentati in età infantile nella storia del mondo.
Ha intrapreso, con il sostegno della famiglia, la sua transizione a soli cinque anni. A undici ha iniziato ad assumere farmaci bloccanti della pubertà, ma aveva soltanto sei anni quando nel 2007 la sua storia fu resa pubblica da Barbara Walters, celebre conduttrice televisiva statunitense. Attivista per i diritti LGBT, è nota per le sue battaglie per l’istituzione del genere neutro in scuole e bagni pubblici, ed è co-fondatrice onoraria della fondazione TransKids Purple Rainbow, che supporta le famiglie di bambini e adolescenti transgender e si dedica alla sensibilizzazione sulla variabilità di genere nelle scuole.
Nel 2015 diventa la protagonista di I am Jazz, il primo reality show dedicato a una teenager transgender, trasmesso dal canale TLC di Discovery Communications. Il programma è arrivato anche in Italia con il titolo Io sono Jazz sul canale Real Time. Divenuta diciottenne, oggi lei racconta ai media l’esperienza dell’intervento di riattribuzione di genere (“gender confirmation surgery”, chirurgia di conferma del genere) cui si è sottoposta lo scorso giugno. “Ѐ stato come un sogno” ha dichiarato. “Questa è davvero l’ultima cosa che validerà la mia identità di donna” dice durante la sua intervista per il canale ABC News, “Non ci sarà nient’altro dopo questo”.
“TransKids”: bambini transgender
La storia di questa ragazza colpisce e suscita in me interrogativi di natura etica: è giusto esporre una bambina così piccola e gettarla in pasto al tritacarne mediatico, trasformandola in una star? Quanto il business legato ai servizi per i percorsi di transizione e la loro spettacolarizzazione attraverso i mezzi d’informazione contribuiscono all’affermazione dei diritti LGBT nella società civile americana e nel mondo occidentale? Quanto siamo sdoganati nella misura in cui i nostri sudati e sacrosanti diritti alimentano un business? Quanto i mass media danno alla causa, rendendo la realtà transgender mainstream e alla portata di tutti, e quanto invece ci tolgono cannibalizzando le nostre vite?
A chi accusa la madre e il padre di Jazz di averla in qualche modo indotta a essere transgender per assecondare un loro desiderio, lei risponde con fermezza: “Io odio quando le persone insinuano che i miei genitori mi hanno convinto di essere transgender solo perché loro volevano una ragazza, e non un ragazzo. […] Loro hanno soltanto accolto e amato me per ciò che io ero. Loro non mi hanno forzato a fare nulla. Non mi hanno mai forzato a fare nulla. […] Io sono una ragazza. Una ragazza.”
Non ho mai conosciuto un’altra persona transgender, pubblicamente visibile in Italia, che non abbia ricevuto proposte per interviste, comparsate a un qualche programma televisivo o articoli per la carta stampata. Molte persone transgender, negli anni, hanno accettato di esporsi facendo qualcosa di positivo per se stesse e per l’avanzamento di un immaginario collettivo positivo legato alla nostra condizione. Molte, invece, si sono poi pentite amaramente, abbagliate dalle luci della ribalta e consapevoli soltanto a posteriori della bieca strumentalizzazione delle loro vite a tutto vantaggio di altri. E se è vero che tanto dipende dalla serietà dell’emittente o della testata che realizza il contributo, a giocare grandemente è anche l’equilibrio della persona, che in un momento di fragilità potrebbe più facilmente cedere al “canto delle sirene” della vanagloria.
Al di là di ogni considerazione critica sulle strumentalizzazioni che possono aver avuto luogo e dei soldi che ne possono essere stati ricavati, rileva il fatto che Jazz Jennings è oggi un modello di riferimento che ha aiutato moltissime famiglie che, fra le atre cose, possono oggi disporre di spazi e iniziative a loro dedicate come i libri di favole rivolti ai bambini transgender del sito transkids.biz. Mentre Donald Trump sostiene che le persone transgender “non esistono, il sesso è determinato da elementi biologici”, annunciando un giro di vite sui diritti già acquisiti, sotto la precedente amministrazione Obama il dibattito sulla liceità dei percorsi di transizione di bambini e adolescenti transgender ha preso forza. Da Stati Uniti, Nord Europa e Regno Unito la sua eco dilaga ormai nel resto del mondo occidentale Italia compresa, ultimo in ordine di tempo un articolo uscito su Corriere.it. Il tema è stato affrontato con molta intelligenza anche nel film belga “Girl” di Lukas Dhont, che racconta la tenacia, l’impazienza ma anche l’incoscienza e la determinazione di Lara, studentessa di danza classica che a soli quindici anni battaglia per fare sì che il suo corpo le somigli il più in fretta possibile.
Le richieste di accesso ai percorsi di transizione da parte delle famiglie interessate sono in aumento, e alimentano un vero e proprio fenomeno di rilevanza internazionale che necessiterebbe, nell’approccio da parte delle istituzioni di competenze trasversali (mediche, giuridiche, sociali, culturali, politiche); visioni non dogmatiche; esperienze dirette e documentate con la realtà delle persone transgender; grande onestà intellettuale e capacità di sospendere giudizi e pregiudizi. Non si può e non si deve essere ideologici e rigidamente “pro o contro” il blocco della pubertà, o pensare di imporre dall’alto un limite di età in modo del tutto arbitrario. Ogni caso richiede un’attenta valutazione da parte dell’adolescente, della famiglia, dei medici e di professionisti adeguatamente formati e competenti, senza dimenticare l’importanza rivestita dalle scuole e dagli insegnanti.
Non posso non guardare Jazz Jennings con affetto e grande immedesimazione. Io stessa iniziai ufficialmente la mia transizione a soli 19 anni, rivolgendomi a un ospedale pubblico milanese dopo aver iniziato a vivere come ragazza (con un vestiario e un look femminili) a 17, ancora minorenne ma con il sostegno della mia famiglia. Era la fine degli anni ’90, prima dell’arrivo di internet e dei social network. Ero quindi immersa in una dimensione completamente diversa da quella odierna.
A distanza di quasi vent’anni, posso dire con fermezza che se allora ci fosse stata la possibilità di accedere prima alla mia transizione la mia vita sarebbe stata migliore, perché mi sarei risparmiata anni di sofferenze e certamente le avrei risparmiate a chi mi stava vicino. Per questo oggi, pur con tutta la prudenza e la cautela necessarie nella valutazione del percorso, e ribadendo che i percorsi di transizione devono essere intrapresi solo sotto controllo medico e in strutture legalmente riconosciute e accreditate, sostengo la possibilità per gli adolescenti di accedere ai percorsi di transizione. Li invito al contempo a tutelarsi da ogni strumentalizzazione e dalla tentazione di rendere pubblico sotto qualsiasi forma il loro percorso senza avere prima ben riflettuto su tutte le conseguenze possibili, che possono sfuggire di mano senza via di scampo.
Sul palco del Milano Pride 2019, per i 50 anni del movimento LGBTQIA+ e la lettura del documento politico.Un momento emozionante e indimenticabile. Il rosso del mio vestito era, ça va sans dire, d’obbligo!.
Mai scorderò il pianto che mi ha preso poco prima di salire sul palco e l’applauso di incoraggiamento degli amici del Coordinamento Arcobaleno.
Ora e sempre nello spirito di Stonewall, ricordando Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson!
Sarà un grande onore e un piacere inaugurare la giornata organizzata a #Vicenza in occasione della Giornata contro l’Omotransfobia (IDAHO – International Day Against Homophobia e Transphobia“).
Ringrazio l’associazione G.A.G.A, Arcigay Vicenza e il Comune Di Vicenza.
A presentarmi un’importante attivista, la straordinaria Antonia Monopoli.
Stay Tuned!
Il Comune di Milano – Casa dei Diritti
vi invita all’incontro
“Affetti e Diritti”
Le pratiche delle “cosiddette” minoranze LGBTQIA+ hanno positivamente influenzato l’allargamento dei diritti, la percezione delle differenze tra soggetti e relazioni, legittimando di fatto la molteplicità delle scelte esistenziali e affettive, dei percorsi di vita che sono la realtà del contemporaneo.
All’interno di questi movimenti, come già successo nei femminismi degli anni Settanta e Ottanta, c’è chi preferisce rifiutare riconoscimenti istituzionali e giuridici, temendo un indebolimento dei movimenti stessi e una limitazione legislativa all’autodeterminazione.
Esistono, dunque, posizioni diverse che appartengono a una dialettica sia personale che politica.
Su questi temi vorremmo riflettere insieme.
Quando:
Mercoledì, 15 Maggio, ore 16
Dove:
Casa dei Diritti, Via De Amicis, 10 – Milano
Vi aspettiamo numerose e numerosi!
Articolo per la rivista Pride con intervista a Porpora Marcasciano sul seminario “Transiti, tracce e intrecci di rivoluzioni”, tenutosi al MIT di Bologna il 2 dicembre 2017.
Per leggere l’articolo, cliccare sul link sottostante:
LGBT e Diversity: dalla rappresentazione all’inclusione.
L’incontro formativo si terrà giovedì 28 giugno alle 16.30 presso Discovery Italia, Via Uberto Visconti di Modrone, 11, Milano.
Discovery ha fatto della “capacità di raccontare il mondo attraverso le storie delle persone” la sua mission, individuando nel “real life entertainment” un efficace strumento di intrattenimento intelligente e divulgazione.
Come il racconto di vita delle persone LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) può cambiare l’immaginario collettivo e la gestione delle relazioni aziendali, favorendo una maggiore inclusione? Quanto il linguaggio e la scelta delle parole plasmano e modificano la realtà – a partire dai luoghi di lavoro – e risultano determinanti per una rappresentazione corretta e rispettosa delle differenze anche a livello comunicativo e mediatico? Perché l’inclusione migliora il team working ed è una pratica virtuosa a tutti i livelli aziendali?
L’incontro sarà tenuto dalla dott.ssa Monica Romano, HR Administrator, attivista per i diritti LGBT e scrittrice.