Sivlia Roggiani, Segretaria PD, bersaglio di insulti e “inviti allo stupro” sulla pagina di un Viceministro della Lega

Silvia Roggiani, Segretaria del PD Milano Metropolitana, ha ricevuto decine di insulti, minacce e inviti allo stupro sulla pagina social di un Viceministro della Repubblica, Alessandro Morelli della Lega, per aver osato condannare la cultura patriarcale in relazione agli abusi e alle molestie subiti da almeno cinque ragazze durante la notte di Capodanno, in Piazza Duomo, a Milano.


Soltanto quando tutte le principali testate hanno riportato la notizia, Morelli ha rimosso quei commenti e ne ha preso le distanze, senza tuttavia scusarsi per aver pubblicato il post che ha scatenato la gogna, che riporta una fotografia di Silvia e una sua dichiarazione, ovviamente estrapolata ad arte e del tutto decontestualizzata.
«Questo non è normale», per dirla con le parole dell’ultimo libro di Laura Boldrini, dedicato proprio al tema della misoginia.
Non è normale che Silvia, la nostra segretaria a cui va tutta la nostra solidarietà e il nostro affetto, sia stata il bersaglio di commenti violenti e criminali sulla pagina di un Viceministro della Repubblica.
Non è normale che in un paese democratico esistano politici che fanno carriera, arrivando a ricoprire alte cariche dello Stato, grazie alla pubblicazione sistematica di messaggi razzisti, sessisti e omotransfobici che solleticano la pancia degli elettori facendone uscire il peggio.
Non è normale che chi, come Silvia Roggiani e tante altre e altri, segnala le criticità della cultura patriarcale e ne condanna le conseguenze, ne diventi il bersaglio e si ritrovi a dover subire commenti sul proprio aspetto fisico, minacce di stupro e derisione.
Le battaglie per i diritti civili ci insegnano che l’odio, al di là di chi materialmente lo esprime, ha sempre dei mandanti morali, e non ci stupisce dover constatare, per l’ennesima volta, che coloro che prendono di mira Silvia Roggiani, Laura Boldrini, Monica CirinnàAlessandro Zan e tante altre e altri, appartengano alla stessa parte politica.
Quella parte politica che ha ostacolato con ogni mezzo l’iter parlamentare del Disegno di Legge Zan. Una legge che, se oggi fosse stata in vigore, avrebbe contribuito a contrastare, prevenire e perseguire le molestie subite da quelle ragazze in Piazza Duomo, ma anche ciò che è successo alle due ragazze violentate in treno a inizio dicembre e le aggressioni subite dai giovani appartenenti alla comunità LGBT dell’estate scorsa.
Questi tre episodi sono legati da un filo rosso ed è ora di aprire gli occhi su questo: la misoginia e l’omotransfobia hanno origine dallo stesso retroterra culturale patriarcale, un patriarcato pubblico che dobbiamo mettere in discussione e decostruire per arrivare a una società più giusta, equa, inclusiva, europea e presentabile a livello internazionale.

Cinque ragazze abusate e molestate a Milano

Cinque ragazze, la notte del 31 dicembre a Milano, circondate da un branco di una trentina di giovani, sono state abusate e molestate.

Mentre preparo il mio intervento sull’accaduto in vista del prossimo Consiglio Comunale, sono sgomenta e molto preoccupata.

Trovare i responsabili è ora, ovviamente, la priorità.

Esprimere la nostra più partecipata vicinanza alle ragazze è doveroso, ma dobbiamo anche renderci conto che non basta. Condannare la violenza non è sufficiente, bisogna riconoscere le sue radici, occorre analizzare i rapporti fra donne e uomini e comprendere che la violenza è una manifestazione di come i rapporti uomo-donna vengono riprodotti in modo più o meno consapevole nella nostra cultura.

Non basta condannare la violenza, occorre incoraggiare una visione trasformativa della cultura che produce la violenza! Liquidare i responsabili come mostri e delinquenti – come vedo fare da alcuni esponenti politici – significa ricondurre il tutto a una patologia estranea alla nostra normalità, renderla un elemento che non ci mette in gioco ma che va delegato alla polizia e ai criminologi e quindi – di fatto – rimuoverla.

Perché se la violenza la fanno i mostri, noi non lo siamo e quindi possiamo metterci l’anima in pace e delegare a qualcuno di rimuovere il problema. Invece il problema esiste, ci riguarda e si chiama patriarcato.

Il filo rosso di una cultura patriarcale, misogina e omotransfobica lega quanto è accaduto a Capodanno in Piazza Duomo, ciò che è successo alle due ragazze violentate in treno a inizio dicembre e le aggressioni subite dai giovani appartenenti alla comunità LGBT l’estate scorsa, ed è ora di aprire gli occhi su questo.Certo che chi agisce violenza deve pagare e rispondere alla giustizia, ma fermarsi a questo sarebbe miope.