Migranti e lavoro, l’esperienza di “Migrants”

Nell’ambito del Master in Diversity Management e Gender Equality di Fondazione Giacomo Brodolini, ho avuto il piacere di ascoltare Christian Richmond Nzi – ivoriano, doppio passaporto americano e svizzero, laurea in Diritto Internazionale e Diplomazia ed ex funzionario Frontex – parlare di “Migrants Opportunity in Adversity“.
Migrants è una piattaforma che – attraverso un sistema di microlearning, quiz e screening delle competenze professionali, delle esperienze lavorative e delle aspirazioni individuali – profila professionalmente i migranti e favorisce l’incontro fra domanda e offerta di lavoro.
Nella parte di profilazione trovano spazio profili di tante e diverse tipologie ed estrazioni, head hunting delle eccellenze incluso.
Molto interessante anche il lavoro che Migrants porta avanti nel microcredito al fine di rendere le risorse “bancabili”.

Il lato “oscuro” del Diversity Management

Esiste un lato oscuro del diversity management?
Ahinoi, sì! E spesso dipende dalla mancanza di coraggio.
Ce ne hanno parlato tre relatrici davvero in gamba – Wissal Houbabi, Mara Pieri e Beatrice Gusmano – coordinate da Marta Capesciotti nella tavola rotonda “Valorizzazione o strumentalizzazione? Un’analisi critica delle politiche di diversity management“, nell’ambito del Master in Diversity Management e Gender Equality di Fondazione Giacomo Brodolini.
Idee, riflessioni e geniali provocazioni hanno stimolato le relazioni e il dibattito che ne è scaturito.
Per portare un esempio, Beatrice Gusmano ha sottolineato come spesso il diversity management cerchi di evitare parole che spaventano come “omofobia”, “sessismo” e “razzismo”, ma che così facendo troppo spesso finisca con l’avere un impatto quasi nullo nel portare cambiamenti concreti nelle realtà aziendali.
Un altro esempio è che troppo spesso ci si focalizza sulle diversità perdendo di vista che focus della diversity devono essere i contesti e la loro trasformazione!
Insomma, spesso manca la volontà di portare avanti un approccio autenticamente trasformativo.
Ritengo tuttavia che il solo fatto di parlare del problema sia un buon inizio per poter arrivare a risolverlo.

L’unica persona nera nella stanza

“La diversità è come invitato a una festa, l’inclusione è come essere invitato a ballare”
Con questa citazione Nadeesha Uyangoda – autrice del libro “L’unica persona nera nella stanza” e coautrice del podcast “Sulla razza” – ci ha introdotto alla differenza fra il concetto di diversità e quello di inclusione, nell’ambito del Master in Diversity Management e Gender Equality di Fondazione Giacomo Brodolini.
Ci ha poi spiegato che cosa sono l'”inclusione predatoria” e quella “performativa” – definizioni della giurista afroamericana Cheryl Harris – facendo riferimento a quelle aziende che si appropriano delle lotte degli attivisti per i diritti civili al solo scopo di aumentare il proprio fatturato.
L’autrice si è poi soffermata sulle affirmative actions come la “regola Rooney”, che obbliga le squadre della National Football League a fare un colloquio anche a persone nere o di minoranza etnica.
In ultimo, è antrata nel merito di una questione ancora molto accesa e dibattuta, quella sulla parola “razza”: è giusto utilizzare ancora questo termine? Secondo buona parte dell’attivismo per le minoranze etniche sì, perché senza la parola “razza” non esisterebbe la parola “razzismo”, indispensabile per identificare i fenomeni di esclusione e marginalizzazione.

Disabilità invisibili

“L’autismo non è un errore di sistema, è un altro sistema operativo”

Nell’ambito del Master organizzato dalla Fondazione Giacomo Brodolini su “Diversity Management e Gender Equality”, Claudio Guffanti – founder di Unlimited Views – ci ha spiegato come il dibattito sulla disabilità abbia spostato il suo focus negli ultimi trent’anni. Dal concentrarsi sulle persone disabili in quanto portatrici di diversità, si è passati ad analizzare il contesto, cioè una società e un sistema culturale profondamente e radicatamente abilista.

Che cos’è l’abilismo?

L’abilismo è una forma di discriminazione o di pregiudizio sociale esplicito o nascosto/interiorizzato nei confronti di persone che mostrano disabilitá fisiche,  intellettive, comunicative e psichiatriche, nonché nei confronti di persone neurodiverse (spettro autistico, ADHD, deficit d’attenzione e/o iperattivitá, dislessia, disgrafia, disortografia, disprassia, discalculia, Tourette).

Claudio Guffanti ci ha portato esempi di inclusive design per l’accessibilità, come il progetto This Ables di IKEA per progettare mobili adatti a persone disabili, quello di Microsoft che ha concepito dei joystick adattivi dedicati alle persone con disabilità o ancora il Project Euphonia di Google che adatta i lettori vocali alle esigenze di persone che parlano in modo disarticolato.

21 maggio: Giornata Mondiale dell’Accessibilità

Con l’avvicinarsi di questa importante data, vale la pena di ricordare che ancora oggi nel mondo del lavoro i pregiudizi sulle persone con disabilità sono moltissimi. Molti datori di lavoro sono convinti che l’assunzione di una persona con disabilità non porti un adeguato ritorno economico dell’investimento. Occorre un grande lavoro culturale per decostruire queste false credenze e favorire l’inclusione nelle aziende, partendo dalla promozione dei talenti delle persone disabili.

Disabilità invisibili

Un’altra credenza estremamente diffusa e radicata è che la disabilità di una persona debba necessariamente essere visibile. Non è così! A Londra si stanno promuovendo importanti campagne come quelle promosse dall’Invisible Disabilities Association per spiegare alle persone che in moltissimi casi la disabilità non è una realtà necessariamente visibile.