Nell’ambito del Master in Diversity Management e Gender Equality della Fondazione Giacomo Brodolini, ho avuto modo di ascoltare Giulia Gori – esperta in migrazioni – e Monia Dardi della Fondazione Adecco per le Pari Opportunità.
Ho imparato moltissime cose che non sapevo. Ad esempio che i rifugiati, prima di poter essere considerati tali, sono dei richiedenti asilo.
La Convenzione di Ginevra stabilisce infatti i motivi di persecuzione che danno diritto alla definizione di rifugiato:
“Chiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi. “
L’immaginario collettivo legato ai migranti e i luoghi comuni da sfatare
I rifugiati in Italia sono oggi 180 mila, lo 0,3% della popolazione. La maggior parte dei migranti arriva in Italia non per ragioni di lavoro, ma per il ricongiungimento con famigliari che già vivono qui. Il tasso di occupazione delle persone di origine straniera è più alto di quello delle persone di origine italiana, ma anche il tasso di disoccupazione lo è. Che cosa significa? Semplicemente che le persone di origine straniera spesso sono costrette ad adattarsi a qualsiasi tipo di lavoro, anche a costo della dignità o della rinuncia a un’equa retribuzione.
I dati ci dicono qualcosa anche sulla ricchezza che le persone di origine straniera producono e portano nel nostro paese, e cioè che il saldo fra le spese sostenute dal nostro Stato per queste persone e le entrate (ottenute fra pagamento dei permessi di soggiorno, contributi INPS e IRPEF) è attivo, e che le entrate sono considerevoli.
L’esternalizzazione delle frontiere
Diversamente da come il sensazionalismo di certa carta stampata potrebbe indurci a pensare, negli ultimi anni gli arrivi via mare sono drasticamente diminuiti a causa della esternalizzazione delle frontiere, che è in sostanza quell’insieme di accordi che l’Italia ha stipulato con i paesi stranieri di origine al fine di diminuire gli ingressi di migranti.
Un esempio di esternalizzazione delle frontiere è l’accordo con la Turchia – costato 6 miliardi – per bloccare i migranti lungo la rotta balcanica. Le terribili immagini che raffiguravano persone dagli abiti consunti e logori camminare scalze e in fila nella neve che hanno fatto il giro del mondo, ritraevano migranti lungo quella rotta costretti a tornare indietro.