Sulla diversità – Estratto da Gender (R)Evolution

“Già a quei tempi ero considerata una snob all’interno del gruppo, ovviamente non verso le altre persone trans, ma nei confronti dei «normali». Di questo mi veniva fatta una colpa da qualcuno, perché ero quella che rovinava la festa e il giubilo per la tolleranza che ci veniva concessa, e il mio atteggiamento era da molti considerato, in questo senso, controproducente.
Non che non mi sforzassi di prendere in considerazione gli ammonimenti degli amici che mi raccomandavano di smettere di «fare l’antipatica»: ero diversa, non potevo permettermi di essere anche odiosa.

Sapevo che, con il mio atteggiamento, rischiavo di farmi terra bruciata attorno e di ritrovarmi isolata, e la cosa mi faceva non poca paura. Così provavo con tutte le mie forze a disciplinarmi, ripromettendomi ogni volta di mordermi la lingua, ma finivo col farmi violenza e soffrirne.
Certo, nella ricerca di quella mia personalissima redenzione, c’erano letture che non mi erano affatto di aiuto, ma mai avrei rinunciato a leggere Pier Paolo Pasolini, nemmeno sotto tortura.

«Ebbene: in tal senso io sono come un negro in una società razzista che ha voluto gratificarsi di uno spirito tollerante. Sono, cioè, un “tollerato”. […] La tolleranza, sappilo, è sempre e solo nominale. Non conosco un solo esempio di tolleranza reale. E questo perché una “tolleranza reale” sarebbe una contraddizione in termini. […] fin che il “diverso” vive la sua
“diversità” in silenzio, chiuso nel ghetto mentale che gli viene assegnato, tutto va bene: e tutti si sentono gratificati dalla tolleranza che gli concedono. Ma se appena egli dice una parola sulla sua esperienza di “diverso”, oppure semplicemente, osa pronunciare delle parole “tinte” dal sentimento della sua esperienza di “diverso”, si scatena il linciaggio, come nei più tenebrosi tempi clerico-fascisti.»

Come potevo, avendo queste letture nella borsetta, non ridere in faccia a chi, senza nemmeno rendersene conto, mi palesava la sua presunzione di superiorità?
Gente che, con l’enfasi e il sorriso soddisfatto dello scolaro che aveva fatto i compiti a casa, si autorizzava a dire cose come «Voi trans per me siete esseri umani», o anche «Io non mi vergogno a farmi vedere in giro con te».
Persone che, quando si sentivano rispondere che non avrebbero ricevuto il Nobel per la tolleranza, manifestavano
tutto lo stupore e il disappunto di chi si trovava privato del dovuto ringraziamento; era inevitabile che le parole – e le risate! – uscissero di bocca come l’acqua di un fiume dopo il crollo di una diga.”

Passaggio tratto dal libro Gender R- Evolution di Monica Romano per Ugo Mursia Editore.

Leave a Comment