Uccisa Hande Kader, donna transgender e attivista per i diritti LGBT in Turchia

“Il mio nome è Hande Kader e sono una donna transgender turca.
Ho avuto la sfortuna di vivere in un mondo molto ingiusto e di combattere in un paese che vuole opprimere il mio corpo, politicizzare la mia esistenza e togliermi la voce.
Qui, in questa foto, cammino fieramente alla parata LGBT a Istanbul. Tengo la testa alta, anche se i miei occhi sono pieni di lacrime. La mia stessa esistenza è una forma di resistenza alla repressione sociale e politica che mi circonda.
Sono costretta a lavorare nell’industria del sesso, come la maggior parte di molte donne trans nel mondo. Anche se la società ha cercato di governare con disprezzo la mia vita, sono qui per mettere in discussione la discriminazione sessuale contro di me, chiedendo solo rispetto per il mio corpo.
Sono una vittima del maschilismo cresciuto in questa società, come una malattia orribile, fino a diventare cancrena. Sono una vittima dei vostri valori morali che servono solo agli interessi politici di un’autorità patriarcale, che ha sollevato questo odio che mi ha bruciata viva.
Il mio omicidio non è semplice omicidio, è un crimine politico.
La misoginia e la transfobia sono i mostri che mi hanno ucciso a sangue freddo.
So che i morti non parlano, ma il mio silenzio è il grido di tante altre donne là fuori che stanno scrivendo queste parole, perché potevano essere loro nella mia stessa situazione. Scendete per le strade con il mio nome sulle labbra e abbiate il coraggio di lottare per i vostri diritti, fate del vostro corpo uno scudo per le battaglie per la libertà di essere voi stessi, per la democrazia, per il rispetto!
So che i morti non parlano, ma io sono te e tu sei me! E quando sentirai il mio silenzio, fai con che la nostra voce diventi più forte!”

di Esra Dogan

In memoria di Hande Kader, una giovane donna transgender simbolo della rivolta contro la repressione ‪#‎LGBTI‬ nella Turchia di Erdogan, attivista per l’uguaglianza e per i diritti civili. Hande è stata barbaramente uccisa, stuprata, mutilata e bruciata viva. Aveva soltanto 22 anni.

In memoria di Simonetta Piscopo, “Piccola Ketty”, vittima di odio transfobico

Sono stanca.
Stanca di sentire che una donna trans* è morta, perchè è stata indotta a togliersi la vita o perchè altri gliel’hanno strappata via (c’è differenza?).
Stanca del silenzio che accompagna queste morti di sorelle, le morti di chi per questo mondo è “senza valore”.
Poche voci si alzano nel dolore e nella protesta, di solito di altre donne transgender e di pochi amici davvero con noi nel cordoglio e nell’indignazione. Alla maggioranza del resto, nulla importa.

Passano gli anni, passano i decenni e la lista di vittime si allunga, e ci si sente sole, impotenti, stupide e sempre più incazzate.
Si arriva a temere la rabbia che si prova… e si ha ancora più paura quando ci si ricorda di avere qualcosa in comune con quelle donne ammazzate così.
Poi arriva il senso di colpa, ogni volta, immancabile.
Perchè ti senti un po’ vile rispetto a certi pensieri.
Quando ad esempio non riesci a ricordare il nome di quella ragazza uccisa in circostanze molto simili anni prima. Perchè la lista è lunga, ed è impossibile ricordarle tutte, certo. Ma anche, diciamoci la verità, perchè il bisogno di vivere la tua vita a volte è tanto prepotente da spingerti a dimenticare quell’inferno di violenza e morte, almeno per un po’. E insieme ad esso si perdono anche quei nomi.
Invece non dobbiamo dimenticarli, queste donne non vanno dimenticate!

Simonetta Piscopo è l’ultimo nome, conosciuta come “Piccola Ketty”.
Uccisa a Napoli, i giornali stanno rendendo pubblico in queste ore il suo nome anagrafico, senza alcun rispetto, senza alcun cordoglio e delicatezza…
Non restiamo indifferenti, protestiamo, commemoriamo, ricordiamo, facciamo sentire la nostra voce!
Che la terra ti sia lieve, Simonetta.

 

Presentazione di “Storie di ragazze XY” a Milano

Milano, 20 febbraio, ore 18:30, presso il teatro Filodrammatici.
Interverranno:
  • Matteo B. Bianchi, scrittore, editor e autore tv.
  • Massimo D’Aquino, scrittore e attivista per i diritti LGBTI, autore del libro “Camminavo rasente i muri (autobiografia tascabile di un transessuale).”
  • Paola Morello, attrice e professionista milanese, donna e madre.

Modera l’incontro:

  • Marco Albertini per la rivista “Pride”.

Il libro è disponbile in tutte le librerie (Rizzoli, Lirus, Feltrinelli, Ibs, Amazon e in tutte le librerie online).

«I ragazzi della mia età spesso venivano a chiedermi a quale metà del cielo appartenessi. C’erano i maschi, c’erano le femmine, e c’ero io. Poteva essere questa la risposta? Non nel mondo in cui vivevo

«Sei maschio o femmina?» È il 1986 quando Ilenia si sente fare per la prima volta questa domanda. Al momento non sa cosa rispondere, non vuole essere diversa, è e basta. La ricerca di una vera risposta la accompagnerà lungo tutto il cammino attraverso l’adolescenza e verso l’età adulta. Il suo è il viaggio travagliato di una ragazza che sembra avere per la società e per i benpensanti un’unica meta, la prostituzione. Ma Ilenia è una persona che non si arrende e scompiglia fin da subito le carte del destino: nonostante bullismo, discriminazione, violenze fisiche e verbali, si laurea, trova un lavoro e un amore inaspettato, quello per una donna.
Le paure, le battaglie, le ferite, i traguardi di una giovane trans, che come tante altre ragazze XY, lotta per una vita serena e autentica, verso la libertà di genere e il pieno diritto di cittadinanza per le persone transgender nella società civile.

Pagina evento

Pagina Facebook dedicata al libro

 

Sedicesimo Transgender Day of Remembrance (Giornata della Memoria Transgender)

Il prossimo 20 novembre, in occasione del sedicesimo TDOR – “Transgender Day of Remembrance (Giornata della Memoria Transgender), in tutto il mondo la comunità LGBT commemorerà le vittime dell’odio e del pregiudizio transfobico, e la nostra associazione, il Circolo culturale “Harvey Milk” Milano, organizzerà una veglia commemorativa con il patrocinio del Comune di Sesto San Giovanni e l’adesione della Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni (Giovedì 20 novembre alle 21, in via Dante  6, presso la Biblioteca Civica di Sesto San Giovanni, sala “Carlo Talamicci”).

Insieme leggeremo i nomi delle vittime, ricorderemo le circostanze della loro morte, accenderemo una candela in memoria di coloro che hanno pagato con la vita l’espressione della propria identità di genere. Seguiranno la proiezione di un cortometraggio sulla realtà transgender in Italia e un momento di confronto e dibattito sul tema della transfobia, al quale interverranno:

Ogni anno, ad ogni veglia, ci auguriamo di non doverci rivedere il 20 novembre dell’anno successivo, di non dover ricordare ed onorare altre sorelle e fratelli vittime dell’odio transfobico. Dovremo invece incontrarci ancora una volta, per pronunciare e ricordare ad alta voce ben 79 nomi, vite, storie. Tante sono infatti le vittime segnalate al sito ufficiale del TDOR (http://tdor.info/). Un numero che sottostima significativamente il totale degli omicidi di persone trans nel mondo, poiché fotografa soltanto quelli segnalati dalle cronache e registrati dalle associazioni (in ancora molte parti del mondo, pensiamo a quei paesi che considerano illegale la condizione transgender, gli omicidi di persone trans non vengono segnalati, né tantomeno registrati), oltre a non tenere conto dei suicidi causati dallo stigma e dall’emarginazione sociale (diversi studi hanno dimostrato che la popolazione transgender è fra le più esposte al rischio di suicidio).

Ricorderemo e commemoreremo anche i nomi di donne che non hanno avuto giustizia e i cui assassini sono ancora a piede libero, come Emanuela di Cesare, brutalmente massacrata il 23 Aprile del 2007 a Pescara, o Andrea Quintero, la trans colombiana trovata morta la notte tra il 28 e il 29 luglio del 2013 sul binario 10 della stazione Termini di Roma, uccisa a bastonate.

Emanuela Di Cesare

Emanuela Di Cesare

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Il 20 novembre porta con sé, da ormai sedici anni, la cronaca di una violenza sistematica a cui la popolazione transgender è esposta. Le persone trans vivono infatti nella consapevolezza di dover temere aggressioni cieche ed ingiustificate contro la loro persona, che hanno il solo scopo di danneggiare, umiliare o annientare. I gesti riconducibili a questa forme di violenza non vengono normalmente considerati come casi di ingiustizia sociale, ma come atti riconducibili a singoli individui particolari, perlopiù fanatici, devianti o squilibrati. Quest’interpretazione è però pericolosa e fuorviante, poiché non dà conto di quanto il contesto sociale di contorno li renda possibili o addirittura accettabili. Ciò che rende la violenza un fenomeno di ingiustizia sociale, e non semplicemente un’infrazione individuale alla morale ed alla legalità, è il suo carattere sistemico, il suo essere di fatto pratica sociale.

La violenza è quindi sistemica, perchè diretta agli appartenenti ad un gruppo sociale per il solo fatto che vi appartengano. Così come ogni donna ha motivo di temere lo stupro ed ogni nero la discriminazione, ogni persona transgender vive sapendo di essere un bersaglio di possibili aggressioni o molestie.

Questo tipo di violenza si può quasi considerare legittimata e tacitamente tollerata a livello sociale. Emblematico di questa tacita legittimazione e speculare delle convinzioni implicite nel tessuto sociale è l’ atteggiamento dei media, ovvero il modo in cui gestiscono notizie riconducibili a persone transgender. La violenza, l’omicidio di persone trans è infatti accompagnata da un omertoso silenzio nelle società occidentali, eccezion fatta per qualche trafiletto di cronaca nera che riporta, senza denunciare si badi, ma solo registrando, una fredda e distaccata (non può esservi eccessivo cordoglio per l’omicidio di una persona transgender) descrizione degli eventi in cui solitamente si evidenziano dettagli morbosi. E’ così considerato normale che una ragazza trans venga uccisa a causa della sua differenza, ancor più se straniera, ancor più se proveniente da un paese latino, a maggior ragione se dedita alla prostituzione: in quella gerarchia sociale che il cordoglio o la sua negazione mettono drammaticamente in evidenza, essa è destinata ad occupare l’ultimo posto.

Ritenendo che l’organizzazione di eventi aperti al pubblico in occasione del TDOR possa favorire la sensibilizzazione della cittadinanza sulle tematiche relative all’identità di genere e alla transofobia, ci prepariamo alla prossima veglia, augurandoci di tutto cuore di non doverne vivere altre.

L’arresto di Vladimir Luxuria a Sochi e la transfobia della comunità LGBT italiana

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Sono molto felice per la liberazione di Vladimir Luxuria, arrestata a Sochi, in Russia, per aver manifestato il suo dissenso alle leggi omofobiche di Putin sventolando una bandiera che riportava lo slogan: “Gay is right”.
Meno contenta per le tante dimostrazioni di transfobia che ho avuto modo di leggere qua e là nel web, persino in bacheche di persone LGBT*. Commenti del tipo: “Se l’è andata a cercare, ora non si lamenti.” non sono degni di una comunità che si definisce egualitaria e democratica.
Sarò cattiva e malpensante, ma sono convinta che quelle stesse persone avrebbero invece manifestato solidarietà per il gay ‘perbene’, in giacca e cravatta, o per l’intellettuale lesbica.
Sarebbe davvero ora di farla finita con questa gerarchia delle differenze nella quale le persone trans* occupano sempre l’ultimo posto.

Tutta la mia stima per questa donna e per la sua battaglia per la libertà. Forza Vladi! #luxurialibera