Dopo il giusto entusiasmo per la Prima della Scala, evento simbolo di Milano che è tornato a splendere e a emozionarci dopo il buio della pandemia, trovo molto ragionevoli le considerazioni del direttore della Caritas Ambrosiana, che chiede di non tralasciare “il long Covid sociale” e quelle quattro famiglie su dieci che, dopo essersi ritrovate impoverite nel corso degli ultimi due anni, non si sono più risollevate.
Il tema della Milano a due velocità e di quel gap che va sempre più allargandosi fra i redditi e i patrimoni medio-alti e quelli di chi sempre più scivola nella povertà diventa sempre più ineludibile.
Rispetto a questo, non condivido la posizione di chi ha rimproverato CGIL e UIL per aver convocato uno sciopero generale per il 16 dicembre, accusando i sindacati di irresponsabilità. È vero che siamo ancora in emergenza pandemica, ma questo non non deve impedire l’espressione di un dissenso che fra i ceti popolari esiste e che non possiamo nascondere sotto al tappeto. Impegnamoci piuttosto a ripensare le relazioni industriali di questo paese alla luce dei grandi cambiamenti che la pandemia ha comportato, ripartendo dalla pratica del dialogo fra le parti sociali.