Teenager transgender | La storia di Jazz Jennings

Chi è Jazz Jennings?

 

Jazz Jennings, teenager transgender

Jazz Jennings è uno dei primi casi di transizione MTF (Male to Female, da uomo a donna) documentati in età infantile nella storia del mondo.

Ha intrapreso, con il sostegno della famiglia, la sua transizione a soli cinque anni. A undici ha iniziato ad assumere farmaci bloccanti della pubertà, ma aveva soltanto sei anni quando nel 2007 la sua storia fu resa pubblica da Barbara Walters, celebre conduttrice televisiva statunitense. Attivista per i diritti LGBT, è nota per le sue battaglie per l’istituzione del genere neutro in scuole e bagni pubblici, ed è co-fondatrice onoraria della fondazione TransKids Purple Rainbow, che supporta le famiglie di bambini e adolescenti transgender e si dedica alla sensibilizzazione sulla variabilità di genere nelle scuole.

Nel 2015 diventa la protagonista di I am Jazz, il primo reality show dedicato a una teenager transgender, trasmesso dal canale TLC di Discovery Communications. Il programma è arrivato anche in Italia con il titolo Io sono Jazz sul canale Real Time. Divenuta diciottenne, oggi lei racconta ai media l’esperienza dell’intervento di riattribuzione di genere (“gender confirmation surgery”, chirurgia di conferma del genere) cui si è sottoposta lo scorso giugno. “Ѐ stato come un sogno” ha dichiarato. “Questa è davvero l’ultima cosa che validerà la mia identità di donna” dice durante la sua intervista per il canale ABC News, “Non ci sarà nient’altro dopo questo”.

 

Si può essere transgender da bambini o adolescenti? È giusto avviare un blocco della pubertà a soli 11 anni?

 

“TransKids”: bambini transgender

 

La storia di questa ragazza colpisce e suscita in me interrogativi di natura etica: è giusto esporre una bambina così piccola e gettarla in pasto al tritacarne mediatico, trasformandola in una star? Quanto il business legato ai servizi per i percorsi di transizione e la loro spettacolarizzazione attraverso i mezzi d’informazione contribuiscono all’affermazione dei diritti LGBT nella società civile americana e nel mondo occidentale? Quanto siamo sdoganati nella misura in cui i nostri sudati e sacrosanti diritti alimentano un business? Quanto i mass media danno alla causa, rendendo la realtà transgender mainstream e alla portata di tutti, e quanto invece ci tolgono cannibalizzando le nostre vite?

A chi accusa la madre e il padre di Jazz di averla in qualche modo indotta a essere transgender per assecondare un loro desiderio, lei risponde con fermezza: “Io odio quando le persone insinuano che i miei genitori mi hanno convinto di essere transgender solo perché loro volevano una ragazza, e non un ragazzo. […] Loro hanno soltanto accolto e amato me per ciò che io ero. Loro non mi hanno forzato a fare nulla. Non mi hanno mai forzato a fare nulla. […] Io sono una ragazza. Una ragazza.”

 

Perché si parla di “sfruttamento e spettacolarizzazione delle vite delle persone trans”?

 

 

Non ho mai conosciuto un’altra persona transgender, pubblicamente visibile in Italia, che non abbia ricevuto proposte per interviste, comparsate a un qualche programma televisivo o articoli per la carta stampata. Molte persone transgender, negli anni, hanno accettato di esporsi facendo qualcosa di positivo per se stesse e per l’avanzamento di un immaginario collettivo positivo legato alla nostra condizione. Molte, invece, si sono poi pentite amaramente, abbagliate dalle luci della ribalta e consapevoli soltanto a posteriori della bieca strumentalizzazione delle loro vite a tutto vantaggio di altri. E se è vero che tanto dipende dalla serietà dell’emittente o della testata che realizza il contributo, a giocare grandemente è anche l’equilibrio della persona, che in un momento di fragilità potrebbe più facilmente cedere al “canto delle sirene” della vanagloria.

 

Qual è l’importanza dei “role model” per le persone transgender e per le loro famiglie?

 

Al di là di ogni considerazione critica sulle strumentalizzazioni che possono aver avuto luogo e dei soldi che ne possono essere stati ricavati, rileva il fatto che Jazz Jennings è oggi un modello di riferimento che ha aiutato moltissime famiglie che, fra le atre cose, possono oggi disporre di spazi e iniziative a loro dedicate come i libri di favole rivolti ai bambini transgender del sito transkids.biz. Mentre Donald Trump sostiene che le persone transgender “non esistono, il sesso è determinato da elementi biologici”, annunciando un giro di vite sui diritti già acquisiti, sotto la precedente amministrazione Obama il dibattito sulla liceità dei percorsi di transizione di bambini e adolescenti transgender ha preso forza. Da Stati Uniti, Nord Europa e Regno Unito la sua eco dilaga ormai nel resto del mondo occidentale Italia compresa, ultimo in ordine di tempo un articolo uscito su Corriere.it. Il tema è stato affrontato con molta intelligenza anche nel film belga “Girl” di Lukas Dhont, che racconta la tenacia, l’impazienza ma anche l’incoscienza e la determinazione di Lara, studentessa di danza classica che a soli quindici anni battaglia per fare sì che il suo corpo le somigli il più in fretta possibile.

 

Qual è la situazione in Italia?

 

Le richieste di accesso ai percorsi di transizione da parte delle famiglie interessate sono in aumento, e alimentano un vero e proprio fenomeno di rilevanza internazionale che necessiterebbe, nell’approccio da parte delle istituzioni di competenze trasversali (mediche, giuridiche, sociali, culturali, politiche); visioni non dogmatiche; esperienze dirette e documentate con la realtà delle persone transgender; grande onestà intellettuale e capacità di sospendere giudizi e pregiudizi. Non si può e non si deve essere ideologici e rigidamente “pro o contro” il blocco della pubertà, o pensare di imporre dall’alto un limite di età in modo del tutto arbitrario. Ogni caso richiede un’attenta valutazione da parte dell’adolescente, della famiglia, dei medici e di professionisti adeguatamente formati e competenti, senza dimenticare l’importanza rivestita dalle scuole e dagli insegnanti.

 

Non posso non guardare Jazz Jennings con affetto e grande immedesimazione. Io stessa iniziai ufficialmente la mia transizione a soli 19 anni, rivolgendomi a un ospedale pubblico milanese dopo aver iniziato a vivere come ragazza (con un vestiario e un look femminili) a 17, ancora minorenne ma con il sostegno della mia famiglia. Era la fine degli anni ’90, prima dell’arrivo di internet e dei social network. Ero quindi immersa in una dimensione completamente diversa da quella odierna.

A distanza di quasi vent’anni, posso dire con fermezza che se allora ci fosse stata la possibilità di accedere prima alla mia transizione la mia vita sarebbe stata migliore, perché mi sarei risparmiata anni di sofferenze e certamente le avrei risparmiate a chi mi stava vicino. Per questo oggi, pur con tutta la prudenza e la cautela necessarie nella valutazione del percorso, e ribadendo che i percorsi di transizione devono essere intrapresi solo sotto controllo medico e in strutture legalmente riconosciute e accreditate, sostengo la possibilità per gli adolescenti di accedere ai percorsi di transizione. Li invito al contempo a tutelarsi da ogni strumentalizzazione e dalla tentazione di rendere pubblico sotto qualsiasi forma il loro percorso senza avere prima ben riflettuto su tutte le conseguenze possibili, che possono sfuggire di mano senza via di scampo.

Presentazione del libro “Diurna. La transessualità come oggetto di discriminazione”

Sabato 23 marzo 2019 alle 18:30 presso Il Guado – Via Soperga 36

Evento Facebook

Sarà presente l’autrice Monica J. Romano.
Presenta e modera Nathan Bonnì.
Intervengono Rosaria Guacci, Silvia Molè e Laura Caruso.

In una stagione che vede i movimenti LGBT e femministi attraversati e animati da accesi confronti su temi sensibili e divisivi (pensiamo in particolare a GPA, sex working e genitorialità), le persone transgender risultano troppo spesso essere oggetto di (spesso disinformate) discussioni in atto ma (quasi) mai soggetti ascoltati che esprimono e definiscono uno sguardo sul mondo.
Il Circolo culturale Rizzo Lari, da anni promotore a Milano di visioni e comunità sovversive di norme/ teologie e simpaticamente (ma autenticamente) controcorrente, sceglie di ribaltare la prospettiva e di trasformare gli oggetti delle disinformate narrazioni in soggetti narranti, restituendo la parola alle pensatrici e ai pensatori transgender.

Ripartiamo da una delle nostre teoriche, Monica J. Romano, donna transgender e attivista, responsabile del Progetto Identità di Genere e consigliera onoraria dell’associazione e dal suo saggio “Diurna”, pubblicato nel lontano aprile 2008 da un coraggioso piccolo editore milanese.

Nel considerare le cause della marginalizzazione delle persone trans* nella società occidentale, il saggio si sofferma sui temi che seguono, che saranno oggetto della discussione che seguirà la presentazione:

* il fenomeno della discriminazione delle persone transgender nel mondo del lavoro, sia per ciò che concerne la ricerca di un lavoro (la discriminazione all’ingresso del mercato del lavoro), sia per il mantenimento del posto di lavoro (il fenoneno del mobbing);

* il fenomeno della discriminazione presso le agenzie di socializzazione, come la scuola e l’università;

* il distorcimento e l’alterazione della realtà transgender nell’immaginario collettivo ad opera principalmente dei mass media, che per anni hanno promosso un’idea delle persone trans* ad uso e consumo della morbosità di lettori e telespettatori e tralasciato invece, fatte salve rare eccezioni, un’informazione corretta sulle tematiche legate all’identità di genere;

* il binomio “transgender = prostituta” presente nell’immaginario collettivo, le sue origini e le ricadute sulla vita quotidiana delle persone transgender;

* il tema della transfobia e l’elevatissimo tasso di omicidi di persone transgender, soprattutto donne, silenzioso massacro che ogni anno raggiunge numeri impressionanti;

* l’importanza dell’esistenza di associazioni e gruppi transgender dove le persone possano confrontarsi e interagire;

* l’istanza di depsichiatrizzazione della condizione trans*;

* l’elaborazione di una cultura transgender, di nuove visioni e linguaggi, in un’ottica di decostruzione del sistema culturale e di significati binario nel quale siamo immersi;

* la transfobia interiorizzata e la ricerca dell’invisibilità sociale da parte di molte persone transgender;

* l’analisi dell’apporto che ci viene offerto dalla storia e dall’antropologia, di quelle culture anche millenarie che prevedevano generi alternativi al binomio uomo/donna, dell’esistenza quindi di persone e culture “transgender ante litteram”;

* l’elaborazione di un manifesto politico, il “Manifesto per la libertà di genere”, che concludeva il libro auspicando una rivoluzione delle coscienze e, conseguentemente, del sistema sociale e culturale.

8 marzo: presentazione di “Dolore Minimo” di Cristina Vivinetto

Il «dolore minimo» del titolo esprime la complessa condizione transessuale pronunciata con grande potenza poetica, volta a infrangere il muro del silenzioso tabù culturale. 
La giovane autrice Giovanna Cristina Vivinetto racconta la sua rinascita luminosa con versi, delicati e profondissimi al tempo stesso, che hanno fatto parlare Dacia Maraini e Alessandro Fo di un caso letterario.

Dialoga con l’autrice la scrittrice Monica Romano

Gender (R)Evolution: incontro al liceo classico Berchet di Milano

In data 7 febbraio 2019 Monica J. Romano è stata ospite degli studenti del liceo classico Berchet di Milano per un confronto/ dibattito sui temi affrontati nel suo ultimo libro Gender (R)Evolution per Mursia.

L’incontro è stato molto positivo. Prevalentemente ragazze (un dato che deve farci riflettere), presente un giovane professore di inglese, età dai 14 ai 16/17 anni, molte domande ragionate e interessanti.

Il dialogo con i ragazzi rappresenta una delle sfide più importanti e ambiziose, quella per un futuro senza esclusioni e discriminazioni.

Bambini e minori transgender: la storia di Jazz Jennings

Il mio articolo, dedicato a Jazz Jennings e al tema dei minori transgender, per gli amici di PRIDE (www.prideonline.it), tornati nella versione online (visitate il sito, merita davvero).
Un ringraziamento a Frank Semenzi, Marco Albertini e a tutta la redazione, fra i pochissimi ad avermi concretamente sostenuto negli anni con la promozione dei miei libri, ad maiora!

Per leggere l’articolo, cliccate su questo link: https://www.prideonline.it/2017/10/29/all-that-jazz/