Transgender: le storie degli attivisti e del loro coraggio – Estratto da Gender (R)Evolution

“Le ingiustizie accrescevano l’onda della nostra rabbia. Spesso vivevamo un senso di impotenza che ci toglieva il respiro. Le discriminazioni erano troppo forti – ci dicevamo – il sistema troppo più grande e potente del nostro gruppo e di quelle nostre narrazioni. Questa consapevolezza non riusciva però a spegnere la volontà di molti di noi di provare a cambiare le cose, che si faceva bisogno, necessità, urgenza di agire, finendo con l’unirci ancora di più e spingendoci fuori dalle rassicuranti mura dell’associazione: volevamo e dovevamo cambiare le cose.
Dovevamo prendere di petto quell’immaginario che per decenni era stato distorto, trasfigurato e che ogni giorno ci rendeva, in qualche modo, vittime e oggetti senza voce in capitolo.
Dovevamo andare fra le persone e raccontare chi eravamo, senza filtri, paure e distorcimenti, e dovevamo farlo insieme, per guardarci le spalle gli uni con gli altri e perché l’unione faceva la forza.

Avremmo dovuto prevedere che, usciti con circospezione dalla nostra tana, ci saremmo ritrovati istantaneamente sbalzati nell’arena mediatica, e invece fummo colti di sorpresa. Molti di noi avevano vissuto nel mondo più schivo fino a qualche mese prima, e improvvisamente si ritrovavano sotto i riflettori o – com’eravamo solite dire noi ragazze, non senza un pizzico di vanità – «sotto le luci della ribalta».
Ogni settimana qualcuno di noi veniva intervistato per un giornale, partecipava a un programma televisivo, interveniva in radio, partecipava a convegni e momenti informativi aperti alla cittadinanza. […] L’idea che stessimo davvero contribuendo a cambiare le cose ci galvanizzava ed euforizzava: fu uno dei periodi più belli della mia vita, almeno fino ad oggi. All’«euforia di genere», si sommava quella dell’essere protagonisti di un cambiamento culturale.”

Estratto dal libro Gender R- Evolution di Monica Romano, Ugo Mursia Editore, 2017.

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L’avventura della transizione: storie di rinascite – Estratto da Gender (R)Evolution

“Avevamo vite in continuo movimento di cui parlare fino a tarda notte. Trascorrevamo così ore a disquisire di peli che crescevano, barbe che si formavano, seni che per gli uomini dovevano scomparire e per le donne arrivare, di chirurgia, di organi genitali, di voci che cambiavano; e ancora di istanze presso tribunali, di anestesie, flebo, cicatrici, bruschi risvegli e clamorose rinascite; di insulti subiti in pieno giorno in mezzo alla gente, di quelle risatine che ferivano come coltellate, di botte e inseguimenti, ma anche di eroiche reazioni alla violenza che ci colpiva; e poi ancora di rocamboleschi tentativi di viversi al riparo da sguardi indiscreti e giudicanti, di eroici e incredibili cambi di mise realizzati in pochi minuti nell’abitacolo di un’auto. Tutto era accompagnato da un’immancabile e salvifica autoironia. Nella saletta dove ricevevo le persone nuove, avevo appeso un piccolo cartello: «Non si risponde delle parrucche lasciate incustodite».
Le risate che ci permettevamo erano la nostra più grande forma di libertà.”

Gender: le rivoluzioni di ieri e di oggi – Estratto da Gender (R)Evolution

“Una volta giunta al ristorante, Deborah entrò con nonchalance, incedendo sul suo bastone come una strega sulla scopa, con me, immancabile, al suo seguito.
Il proprietario, un uomo sulla sessantina dall’accento pugliese, vedendoci arrivare, tradì preoccupazione e imbarazzo.
– Siamo al completo, signori.
La risposta di Deborah lo terrorizzò:
– Il tavolo da trenta persone alle sue spalle l’ho prenotato io stamattina, c’è anche il mio nome scritto laggiù, lo vede?
“Lambillotte”, confermava quel cartellino gettando nello sconforto chi avrebbe voluto tenerci fuori dalla porta.
– E, buon uomo, io e questa ragazza bellissima siamo due signore, non due signori. Giusto?
Il volto attempato del titolare non riusciva a trovare la giusta espressione mentre il sudore lo tradiva: «Signore?», «Signori?», pareva pensare frenetico e incerto. Peccato che Deborah non fosse certo una donna che si perdeva in convenevoli.
– Facciamo intanto entrare anche tutte le altre… Venite tutte ragazze, c’è posto!
Dopo aver volutamente rinforzato il tono della sua voce grave e potente su quel «tutte!», ridendo furba, lo scansò, conquistando quello spazio con il cenno della mano: potevamo finalmente prendere posto.
Fu così che parrucche di ogni tipo, extension, unghie finte, trucchi correttivi, aloni di barba non perfettamente coperti, voci profonde su tacchi di quindici centimetri, urletti, risate e capelli sbattuti con autoironica sensualità, fecero il loro ingresso nel locale.

Ad accoglierci le facce allibite degli avventori, le mamme che intimavano ai figli di non guardarci mentre noi sorridenti dicevamo «ciao!» sottovoce ai loro pargoletti, i padri che non riuscivano a nascondere il loro turbamento, i camerieri che si avvicinavano al nostro tavolo con la prudenza degli esploratori che attraversano un fiume pieno di coccodrilli.
Ed eccoci lì, noi tutte («tutte!»), a ridere come matte, galvanizzate da quella situazione felliniana e dalla forza che avevamo nell’essere un gruppo, inebriate di libertà e finalmente leggere, una volta gettata la vergogna alle ortiche e scoperto il sottile piacere di andare e scandalizzare.”

Estratto dal libro Gender R- Evolution di Monica Romano per Ugo Mursia Editore.
Nella foto, Deborah Lambillotte (4 marzo 1954 – 28 luglio 2016).