Mappe d’odio, stereotipi e hate speech: un’analisi necessaria per politiche pubbliche efficaci

Milano, 16 giugno 2025 – Prosegue il lavoro della Commissione Speciale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio del Comune di Milano, che nella sua ultima seduta ha ospitato due esperti di grande rilievo: Silvia Brena, scrittrice, giornalista e cofondatrice di Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, e Paolo Inghilleri, medico e professore ordinario di psicologia sociale presso l’Università Statale di Milano.

Un incontro denso di dati, riflessioni, emozioni. Una discussione che ha incrociato il rigore della ricerca con la responsabilità della politica.


La mappa dell’intolleranza: un progetto decennale

Silvia Brena ha presentato i risultati aggiornati della Mappa dell’Intolleranza, un progetto nato dieci anni fa per monitorare l’odio online attraverso tecniche di sentiment analysis e l’uso dell’intelligenza artificiale, sviluppate con il contributo dei dipartimenti di informatica delle università di Milano e Bari.

La mappa si concentra su sei assi principali: misoginia, omofobia, razzismo, antisemitismo, islamofobia e abilismo. Tra i dati più preoccupanti:

  • La misoginia resta l’odio più diffuso, con picchi di body shaming e aggressività sul corpo delle donne;
  • cresce l’antisemitismo, passato dal 6% nel 2022 al 27% nel 2024, spesso legato al conflitto israelo-palestinese e alla sostituzione dello stereotipo dell’ebreo con quello del “sionista”;
  • l’abilismo si conferma come fenomeno trasversale, spesso usato come insulto generico, rivelando una cultura ancora profondamente discriminatoria.

Brena ha sottolineato che “ogni picco di hate speech online corrisponde spesso a fatti gravi offline: femminicidi, aggressioni, violenze”. Le piattaforme digitali, ha spiegato, “sono catalizzatori di odio, che legittimano pulsioni aggressive latenti e destrutturano la coesione sociale”.

📊 I dati della Mappa dell’Intolleranza: hate speech geolocalizzato

Silvia Brena ha illustrato i risultati più rilevanti della mappatura 2024 su piattaforme come X (ex-Twitter):

  • Misoginia (body shaming): continua a dominare con circa il 50 % dei tweet negativi.
  • Antisemitismo: in crescita drastica dal 6 % al 27 % dal 2022 al 2024, spesso legato a conflitti geopolitici
  • Abilismo e xenofobia: emergono come fenomeni stabili, con picchi in corrispondenza di eventi mediatici o sociali.
  • Geolocalizzazione: Milano, Roma, Napoli e Torino risultano le città più colpite .

Le dinamiche psicologiche dell’odio: la parola al professor Inghilleri

Paolo Inghilleri ha interpretato i dati alla luce della psicologia sociale. Ha parlato di:

  • Deumanizzazione e infraumanizzazione: i gruppi bersaglio dell’odio sono percepiti come “meno umani”, facilitando la violenza simbolica e reale.
  • Autoggettivazione: molte donne alimentano la misoginia, spesso interiorizzando modelli tossici, come dimostrato dal 20% di tweet d’odio firmati da profili femminili.
  • Necessità di appartenenza: la partecipazione all’odio online è spesso una forma di identificazione di gruppo, di ricerca di appartenenza in un contesto sociale frammentato e insicuro.
  • Conoscenza indiretta dell’altro: l’odio si alimenta di ignoranza e distanza. Secondo i dati, la maggior parte degli “odiatori” non ha esperienze dirette con le persone o i gruppi che attacca.

“Conoscere l’altro è il primo passo per disinnescare i meccanismi dell’odio”, ha concluso Inghilleri, suggerendo l’importanza di creare esperienze condivise nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nei contesti sociali.


Il mio intervento: potere, norma e attivismo

Nel mio intervento, ho voluto portare una riflessione sulla connessione tra attivismo e violenza verbale. Le shitstorm online – veri e propri assalti digitali – si scatenano con particolare virulenza quando gruppi sociali marginalizzati tentano di mettere in discussione le gerarchie del potere. Donne, persone LGBTQIA+, razzializzate, con disabilità: chi porta la propria esperienza come leva per il cambiamento viene spesso punito con violenza, derisione, aggressioni.

L’odio non si scatena a caso: si attiva per difendere uno status quo fondato su diseguaglianze strutturali. Per questo, ogni intervento politico sul tema dell’hate speech deve affrontare la questione del potere, e non solo della retorica.


Verso una cassetta degli attrezzi

Con la presidente Elisabetta Nigris condividiamo l’obiettivo di costruire una “cassetta degli attrezzi” della Commissione: strumenti di analisi e azione per affrontare il fenomeno dell’odio nella città. Una parte sarà conoscitiva, l’altra operativa: mappature territoriali, interventi nei municipi, percorsi formativi nelle scuole e nei media, campagne istituzionali che promuovano nuove narrazioni.

La Commissione contro l’odio non è un luogo astratto. È uno spazio dove proviamo a capire e trasformare la realtà.


Rivedi la seduta

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🔗 Commissione contro l’odio – giugno 2025 (YouTube)

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