Essere transessuali non è una malattia da curare

La lettera di Laura Caruso e mia al Manifesto:
transessualità, transgenerità e variabilità di genere non sono più considerate malattie mentali ed è ora di dirlo e ribadirlo a voce alta.

 

Spettabile Redazione,

si susseguono da qualche tempo articoli sulle persone transgender che mancano completamente della visione e della parola che alla popolazione transgender appartengono.

Il dibattito è condotto da specialisti della psiche e da pensatori che non hanno alcuna conoscenza diretta delle questioni di cui parlano e scrivono, ai quali occorrerà spiegare che transessualità, transgenerità e non conformità/incongruenza di genere non sono più patologie mentali per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Infatti, durante la 72° Assemblea Mondiale della Sanità (WHA), in corso dal 20-28 maggio di quest’anno, l’OMS ha ufficialmente adottato l’undicesima revisione della classificazionestatistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari connessi (ICD-11), che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022.

Ѐ accaduto, insomma, ciò che circa trent’anni fa era avvenuto per l’omosessualità, ma pare che professionisti e intellettuali vogliano continuare ad ignorare l’evoluzione che porterebbe un miglioramento alla vita delle persone transgender.

L’ultimo articolo pubblicato da Il Manifesto in data 13 luglio scorso, a firma di Sarantis Thanopulos, “La «disforia» dell’identità sessuale”, prosegue in un approccio patologizzante e la chiusura del pezzo appare al limite dell’imbarazzo: “Si può rispettare,accogliere i transessuali, senza compatirli, né assecondare la loro visuale. Della loro condizione si può «prendere cura», se sono interessati, a partire dal reciproco lutto che è necessario fare. La dissociazione tra il dato corporeo e la rappresentazione psichica delproprio sesso interferisce con lo sviluppo del corpo erotico e limita seriamente la profondità del coinvolgimento e della soddisfazione sessuale.”

Non c’è nessuna cura da prendersi, poiché noi non siamo malati, e non c’è nessun lutto, perché “l’essere transgender” non è una morte, neppure simbolica.

Oggi che finalmente siamo giunti a eliminare questa condizione da implicazioni “patologiche”, ci aspetteremmo che se ne prendesse atto.

Il riferimento alla nostra soddisfazione sessuale, inoltre, ha un sapore paternalista e voyeuristico davvero sconfortante.

Crediamo sia mancata attenzione nella pubblicazione di questo articolo, che risulta gravemente offensivo nei confronti delle persone transgender, dietro l’apparentemente elegante maschera di un dibattito “alto” che in realtà nasconde una visione semplicemente oscurantista.

Chiediamo la pubblicazione di questa nostra replica perché crediamo che sia corretto consentirci di prendere parola se si parla di noi, tanto più quanto se ne parla in maniera inadeguata e irrispettosa.

Distinti saluti.

Dott.ssa Monica Romano, attivista, saggista e scrittrice

Dott.ssa Laura Caruso, facilitatrice gruppi di auto mutuo aiuto sull’identità di genere

(donne transgender)

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