Calendarizzato il ddl 405, “Norme in materia di modificazione dell’attribuzione di sesso”

Il ddl è sottoscritto dai senatori Lo Giudice, Amati, Broglia, D’Adda, Fabbri, Guerra, Idem, Palermo, Ricchiuti e Zanoni.

Prevede, fra l’altro, di eliminare l’obbligo di sterilizzazione e di mutilazione genitale per chi voglia accedere alla riattribuzione anagrafica del sesso prevista dalla legge 164 del 1982, come chiesto di recente dal Parlamento Europeo con la Risoluzione Lunacek e come già anticipato in diverse sentenze dai tribunali italiani.

Continuo a pensare che sarebbe stato più prudente spingere per l’emanazione di una circolare interpretativa che imponga ai giudici un’applicazione meno restrittiva della legge 164/82, che, ricordiamolo, nel suo testo non prevede l’obbligo di intervento sui caratteri sessuali primari della persona in transizione.

Vero è che questa proposta di legge, appena calendarizzata, sancirebbe dei diritti sacrosanti, questo è fuor di dubbio.

Infatti, oltre alla possibilità di rettificazione anagrafica senza interventi sui caratteri primari, indicata esplicitamente, prevede:  – il diritto all’autodeterminazione della persona disforica anche se minorenne (se autorizzata da un giudice);  – il diritto all’autodeterminazione della persona intersessuata (divieto di interventi di riattribuzione di sesso alla nascita);  – la tutela del matrimonio contratto dalla persona in tranzione prima della riattribuzione anagrafica (il matrimonio non si scioglierebbe automaticamente, come invece oggi accade).   Ci sono però anche delle criticità, che potrebbero derivare dal fatto che la legge voglia normare e definire un po’ troppo. Conta infatti 14 articoli, contro i 7 della ‘vecchia’ 164/82, e questo potrebbe non essere necessariamente un bene per noi.

Ottavia D’anseille Voza, Responsabile nazionale per i diritti delle persone trans per Arcigay), fa giustamente notare il problema dell’articolo 14 della proposta di legge,

che escludendo la punibilità per ‘chi modifica, altera o camuffa il proprio aspetto esteriore durante il percorso medico, psicologico e legale al fine dell’attribuzione di un sesso diverso da quello indicato nellatto di nascita’, di fatto confermerebbe tale punibilità per chi modifica il proprio aspetto esteriore all’esterno di tale percorso. Questo articolo di fatto confermerebbe la punibilità per tutte quelle persone, cosiddette ‘gender non conforming’, che non associano al loro percorso identitario alcun intervento medico.”

Ricordiamo che non tutta la realtà transgender passa per un percorso medicalizzato.

Atttenzione anche all’articolo 2, che fa esplicito riferimento alla “relazione psicodiagnostica che attesti una disforia di genere”. In primis, perché non è detto che la definizione ‘disforia di genere’, oggi contemplata nel DSM V, non divenga in tempi brevi obsoleta (ricordiamo che la condizione T*, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere addirittura depennata dalla prossima edizione del DSM). In secondo luogo perché potremmo finire per sancire per legge l’obbligatorietà della perizia psicodiagnostica, dando un potere ed una discrezionalità ancora più grandi a psichiatri, psicoterapeuti e osservatori di specialisti sulle nostre vite (e soprattutto sulle vite di chi verrà e transizionerà in futuro).

Io dico sosteniamo l’iter di questa proposta, visto che è stata calendarizzata, ma spingiamo anche per emendarla nei punti che potrebbero rivelarsi un’arma a doppio taglio nella battaglia per il diritto all’autodeterminazione.

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