Giovane gay suicida a Roma

Penso a quelli che hanno messo Simone, il 21enne romano che si è tolto la vita buttandosi dall’11° piano, nell’impossibilità di continuare a vivere. Non so perchè, ma provo ad immaginare le loro facce, le loro abitudini, cosa fanno e di che si occupino fra un insulto omofobico e l’altro, tra un “frocio!” e un “culattone!” gridato a qualcun* che dentro, lentamente, nell’indifferente omertà di tutti, muore. La cosa che mi fa tremare le mani di rabbia è sapere che questi mostri andranno avanti con la loro vita, e sicuramente fra qualche anno si faranno anche una bella famiglia, con mogliettina e bimbi al seguito (perché, ricordiamolo, a loro nessuno preclude il diritto alla genitorialità, ad una famiglia). Certo, non dopo essersi lavati la coscienza con qualche parola di circostanza sulla morte del ragazzo. Se la caveranno come sempre con poco, non dovranno neanche pagare un prezzo in termini di riprovazione sociale dei loro comportamenti, dal momento che nessuno, nel loro omofobico, arretrato e stupido microcosmo, li riterrà responsabili per la morte del ragazzo. Del resto, “sono ragazzate”, era lui, poverino, ad essere “troppo sensibile”, non è vero?

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