Hande Kader, la transgender uccisa dal regime di Erdogan – Estratto dal libro “Gender (R)Evolution”

“Due fanciulle contro un gippone che avanzava, Hande e la sua amica, sedute al centro di una strada
di Istanbul. Un’immagine improvvisamente resa più nitida, come messa a fuoco, dal silenzio e dalla tensione: le ragazze stavano impedendo il passaggio della camionetta e bloccando le operazioni di sgombero.
Attorno a loro altri dimostranti che esorcizzavano la paura gridando slogan a ripetizione, sventolando
bandiere rainbow e battendo le mani a sostegno di quelle pasionarie che facevano la Storia.
Un getto violento sparato da un idrante colpiva la compagna di Hande, che rispondeva lanciando una
scarpa contro la camionetta in un confronto impari.
Ammiravo la determinazione di quella giovane donna, pensando che lei fosse un’altra Sylvia Rae Rivera,
la sua incarnazione. Partivano poi le schioppettate di gas lacrimogeno su Hande che – mentre gli altri manifestanti fuggivano veloci – tentava di resistere con il braccio davanti al naso e alla bocca, per poi abbandonare il campo in cerca di aria.


«So che i morti non parlano, ma io sono te e tu sei me! E quando sentirai il mio silenzio, fai che la nostra voce diventi più forte!»


Hande non rinunciava alla sua lotta. Affiancata dalla fedele amica, ritornava in campo imprecando e
zoppicando, contro un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa. Lei si dimenava, gridava, ormai allo
stremo delle forze, visibilmente frustrata e impotente contro quel branco di maschi, caschi bianchi e divise
nere che non si contavano, contro quel muro invalicabile di scudi e disprezzo, contro l’insostenibilità di
quel confronto senza alcuna possibilità di vittoria.
Lei non poteva nulla, era lampante, e gli sguardi divertiti dei suoi nemici assieme alle sue lacrime mi provocarono un singhiozzo. La sua alleata veniva portata via da altre attiviste e lei – questa volta sola – dopo essersi guardata attorno, indomita, si rimetteva a terra.
Ormai scarmigliata, con il trucco disfatto e il fiato corto, si asciugava il viso, rimettendosi le scarpe e
aspettando, con lo sguardo lucido ma disorientato, l’inevitabile esito della sua azione.


«Ho avuto la sfortuna di vivere in un mondo molto ingiusto e di combattere in un paese che vuole togliermi
la voce»


Due agenti iniziavano a marciare verso di lei in modo deciso. Uno dei due la indicava con l’antenna
della ricetrasmittente senza nemmeno guardarla, come si farebbe con una cosa abbandonata in strada.
L’altro sbirro impugnò il fucile e, mentre Hande si faceva scudo con le braccia, iniziò a spararle addosso,
sulle gambe, gas lacrimogeno.
In quei momenti drammatici la ragazza non poteva sapere che il suo volto, la sua bellezza fiera, le onde
di capelli castani illuminate da bagliori ramati, le sue lacrime piene di astio, la sua disperata opposizione
a quegli stupidi idranti, ai lacrimogeni, al maledetto regime che stritolava vite e libertà, avrebbero fatto
il giro del mondo.”

Estratto dal libro Gender R- Evolution di Monica Romano per Ugo Mursia Editore, 2017.

Donne transgender in Turchia: una terribile testimonianza sulle loro condizioni di vita

Donne transgender in Turchia, intervistate dopo la morte di Hande Kader, l’attivista LGBT ritrovata morta a Istanbul.

“My existence, my self-existence, is a target.
I am a walking, open and unguarded target.”

La mia esistenza, la mia stessa esistenza, è un bersaglio.
Io sono un bersaglio che cammina, scoperto e non protetto.

Uccisa Hande Kader, donna transgender e attivista per i diritti LGBT in Turchia

“Il mio nome è Hande Kader e sono una donna transgender turca.
Ho avuto la sfortuna di vivere in un mondo molto ingiusto e di combattere in un paese che vuole opprimere il mio corpo, politicizzare la mia esistenza e togliermi la voce.
Qui, in questa foto, cammino fieramente alla parata LGBT a Istanbul. Tengo la testa alta, anche se i miei occhi sono pieni di lacrime. La mia stessa esistenza è una forma di resistenza alla repressione sociale e politica che mi circonda.
Sono costretta a lavorare nell’industria del sesso, come la maggior parte di molte donne trans nel mondo. Anche se la società ha cercato di governare con disprezzo la mia vita, sono qui per mettere in discussione la discriminazione sessuale contro di me, chiedendo solo rispetto per il mio corpo.
Sono una vittima del maschilismo cresciuto in questa società, come una malattia orribile, fino a diventare cancrena. Sono una vittima dei vostri valori morali che servono solo agli interessi politici di un’autorità patriarcale, che ha sollevato questo odio che mi ha bruciata viva.
Il mio omicidio non è semplice omicidio, è un crimine politico.
La misoginia e la transfobia sono i mostri che mi hanno ucciso a sangue freddo.
So che i morti non parlano, ma il mio silenzio è il grido di tante altre donne là fuori che stanno scrivendo queste parole, perché potevano essere loro nella mia stessa situazione. Scendete per le strade con il mio nome sulle labbra e abbiate il coraggio di lottare per i vostri diritti, fate del vostro corpo uno scudo per le battaglie per la libertà di essere voi stessi, per la democrazia, per il rispetto!
So che i morti non parlano, ma io sono te e tu sei me! E quando sentirai il mio silenzio, fai con che la nostra voce diventi più forte!”

di Esra Dogan

In memoria di Hande Kader, una giovane donna transgender simbolo della rivolta contro la repressione ‪#‎LGBTI‬ nella Turchia di Erdogan, attivista per l’uguaglianza e per i diritti civili. Hande è stata barbaramente uccisa, stuprata, mutilata e bruciata viva. Aveva soltanto 22 anni.