Milano Pride 2019: 50 anni di movimento LGBT

Sul palco del Milano Pride 2019, per i 50 anni del movimento LGBTQIA+ e la lettura del documento politico.Un momento emozionante e indimenticabile. Il rosso del mio vestito era, ça va sans dire, d’obbligo!.

Mai scorderò il pianto che mi ha preso poco prima di salire sul palco e l’applauso di incoraggiamento degli amici del Coordinamento Arcobaleno.
Ora e sempre nello spirito di Stonewall, ricordando Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson!

Milano Pride 2015!

Un grande Pride quello di quest’anno.

Un successo in termini politici e di partecipazione (eravamo centocinquantamila!).

Ho avuto l’onore di salire sul palco del Milano Pride e presentare le associazioni promotrici della manifestazione, facenti parte del Coordinamento Arcobaleno.

Il mio saluto è andato alle donne transgender e agli uomini transgender presenti alla manifestazione.

Ho parlato dei diritti civili negati alle persone trans* in Italia, ricordando che il documento politico del Milano Pride sostiene l’iter parlamentare del DDL 405.

Difficile descrivere la grande emozione provata su quel palco davanti a tutte quelle persone, all’idea di far parte di quella stupenda Onda che porta e continuerà a portare importanti cambiamenti…

Sono arrivata al mio quindicesimo anno di Pride.

Che posso dire… l’euforia è sempre viva.
La voglia di sfilare in mezzo alla mia gente, la rivendicazione, il poter gridare che ci siamo, festeggiandoci.
Ora e sempre nello spirito di Stonewall!

Un

Il canone eteroimitativo, l’orgoglio e la riconoscibilità LGBT*

Articolo pubblicato sul primo numero della rivista di cultura LGBT* ” Il Simposio” 

Non diresti mai che è gay!”, “Non ha certo l’aspetto della lesbica“, “Non avrei mai detto che è trans!”.

Queste affermazioni sono piuttosto ricorrenti quando si parla di gay, lesbiche e trans. Normalmente chi le pronuncia intende esprimersi positivamente sulla persona a cui si riferisce, volendo fare un apprezzamento, ed affermando, il più delle volte in modo inconsapevole, che:

Lui/lei è gay/lesbica/trans, ma questo non è problema, perché non si vede”.

Il discrimine fra l’essere persone LGBT* “in” o “out” starebbe dunque oggi nella visibilità, nella riconoscibilità per la strada, e le nuove generazioni LGBT*, i giovanissimi, introiettano questo canone estetico e comportamentale, che potremmo definire “eteroimitativo” o di “eterosomiglianza”.  Sarebbe dunque “in” il gay che si rende indistinguibile da un uomo eterosessuale grazie ad un atteggiamento virile,  o la lesbica abbastanza femminile da poter sembrare una donna eterosessuale. Questo dogma regola peraltro anche il grado di accettabilità sociale delle persone transgender, imponendo il “passing“:  le donne trans sono infatti “in” se ‘passano’ per donne genetiche (possibilmente belle, eterosessuali, sorridenti, e con la taglia 42),  e gli uomini trans se ‘passano’ per maschi genetici. Il percorso di transizione sarebbe dunque riuscito quando  cancella quelle caratteristiche che rendono la persona trans* riconoscibile (“Però, è uscit* bene!”). Il modello estetico e comportamentale che va oggi per la maggiore fra le giovani persone T* è quindi quello volto al raggiungimernto della modalità “stealth”, termine mutuato dal linguaggio militare che identifica gli aerei invisibili ai radar, e ora anche le persona transgender che, non dichiarandosi, si mimetizzano nella società.

Il canone eteroimitativo condiziona anche la subcultura LGBT*, rendendo “out” le lesbiche maschili e/o butch, i gay femminili, le trans e i trans riconoscibili in quanti tali. Costoro, i ‘trasgressori di genere’, oltre ad essere i bersagli più facili nella vita di tutti i giorni per la loro immediata riconoscibilità, subendo in misura maggiore il bullismo a scuola, il mobbing nel lavoro, una probabilità maggiore di subire aggressioni e molestie verbali per la strada, sono spesso marginalizzati anche all’interno della comunità LGBT*, colpevoli di non aver adeguato la loro apparenza ai dettami di una legge non scritta che ci vorrebbe tutti uguali agli eterosessuali.

I trasgressori di genere finiscono così con l’introiettare un senso di disvalore generato sì dalla società eterosessista e genderista, ma anche tristemente riconfermato ed alimentato da una subcultura LGBT* che riproduce valori omotransfobici e figli del binarismo di genere.

Il canone di eterosomiglianza si fa peraltro sempre più incisivo man mano che la società civile apre alle nostre istanze, accettando un po’ di più quelli che fra noi sembrano ‘meno diversi’, e rafforzando il discrimine e la distanza fra LGBT* perbene da un lato e ‘cattive ragazze’ dall’altro.

Ma il nostro benessere e  la nostra qualità di vita non dovrebbero passare anche da un sano orgoglio per quelle peculiarità che ci rendono “divers*”, bell’aggettivo ormai soppresso dal lessico politically correct, rispetto al paradigma di genere e sessuale dominante? Quando uguaglianza nei diritti e pari opportunità sociali sono diventati sinonimo  di appiattimento, o peggio ancora, adeguamento delle nostre caratteristiche? Non dovremmo trasmettere la fierezza per le nostre differenze, anche e soprattutto quelle visibili, ai giovanissimi LGBT*, dando loro risorse e strumenti utili a riscattarsi da una cultura che è peraltro sempre più massificante e nemica delle differenze? Non dovremmo ricordare loro che ad essere maggiormente stigmatizzati nella nostra comunità sono proprio quelli che furono la punta di diamante di quel gruppo che, ormai più di quarant’anni fa, diede il via ai moti di Stonewall, e che la grande Sylvia Rivera non perdeva occasione per ricordare che “la scintilla della rivoluzione l’abbiamo cominciata noi checche, travestiti e puttane”?

I miei auspici per il 2014

Per l’anno che ci attende ho diversi (utopici?) auspici.

Spero che la transfobia e l’omofobia interiorizzata, spettri ancora troppo presenti nella nostra comunità, se ne vadano finalmente in soffitta, di non dover più incontrare persone di nemmeno vent’anni che si vergognano come ladri del loro essere trans*, lesbiche, gay, bisessuali, ben nascoste e già vittime del peggiore conformismo.

Spero che questo sia l’anno dei “coming out” di massa, della visibilità e dell’orgoglio LGBT*. Spero che molte persone vincano la paura e si dichiarino, perchè non c’è cosa più bella e liberatoria del potersi mostrare alla luce del sole, portando la tua differenza con dignità e orgoglio, nella vita vera. Questa sarebbe la chiave di volta del cambiamento culturale che spesso invochiamo.

Spero che il 2014 veda l’affermarsi del principio di laicità dello stato,  che la gente finalmente si svegli, e che l’operazione di restlyling di Bergoglio vada a farsi benedire.

Spero che certi principi borghesi concepiti unicamente al mantenimento dello status quo, che spesso finiscono col dividerci, vengano finalmente smascherati. Non è vero che “siamo tutti sulla stessa barca”, e che il “noi” in contrapposizione al “loro”, non esiste. Esiste, eccome!
Il maschio-bianco-eterosessuale ha diritti che io posso solo sognarmi, da una parte c’è lui e dall’altra ci sono io, punto.
Lo stesso dicasi per la dicotomia ricco/povero, lavoratore dipendente/datore di lavoro, bianco/nero.
In questo nostro paese ci sono privilegiati che lo sono sempre di più, e povera gente che arranca con sempre maggiori difficoltà, e questi ultimi devono incazzarsi con i primi, e lottare.

Il mio più sentito e affettuoso augurio per questo 2014 va quindi a chi lotta ogni giorno. Che sia un anno di diritti conquistati per noi tutt*, ora e sempre nello spirito di Stonewall!

Per una comunità TLGB

(discorso pubblico al pride milanese del 2008)

Voglio anzitutto rivolgere un saluto ed un sentito ringraziamento a tutte le persone trans che hanno partecipato a questo corteo; grazie per aver portato il nostro orgoglio a questa manifestazione.

Il Pride è un momento molto importante di ritrovo ed elaborazione per la comunità LGBT, ed io credo che la nostra funzione sia quella di dare senso e contenuto a quella T* che dovrebbe rappresentarci.

A tutti coloro che, come ogni anno, hanno espresso la propria contrarietà alla presenza delle persone trans ai Pride, voglio dire che noi facciamo parte del DNA di questo movimento, da Stonewall in poi, e che il nostro diritto di cittadinanza in questo spazio pubblico non è e non deve essere messo in discussione.

Noi viviamo il nostro Pride 365 giorni l’anno, dal momento che, in molti casi, basta guardarci per capire chi siamo.

Proprio per questo il nostro punto di vista sul mondo e sulla società potrebbe essere una risorsa per tutta la comunità. E chissà che, dal prossimo anno, la nostra comunità sia TLGB.

Dobbiamo pretendere che il movimento, oltre alla sacrosanta rivendicazione di diritti e riconoscimento per le coppie gay e lesbiche, rivendichi in ogni occasione i diritti civili negati alle persone transessuali e transgender in questo paese.

Un paese che vorrebbe vederci solo sulle strade, la notte.

Un paese che spinge ogni anno molte di noi verso la prostituzione, negando la possibilità di un lavoro diurno, negando la nostra dignità.

Un paese che ci nega documenti conformi con la nostra identità, che ci spinge a normalizzarci ed omologarci, spesso contro la nostra volontà, prevedendo due sole possibilità: uomo o donna.

Un paese che sta a guardare mentre nel quartiere Prenestino a Roma le destre, ahimè sempre più potenti, organizzano ronde e catturano trans, le prendono per i capelli, le insultano, le umiliano, contando sull’indifferenza dell’opinione pubblica.

Non pensate che quanto accaduto a Roma non vi riguardi, sarebbe un gravissimo errore.

Una regione Lombardia che assolda solo medici obiettori che rifiutano di assistere le persone trans, negandoci il diritto di autodeterminazione, ovvero la possibilità di decidere liberamente del nostro corpo, di intraprendere quel percorso di transizione che ci rende finalmente noi stess*.

La Lombardia, attraverso la sua amministrazione sanitaria, rifiuta le persone trans. Per questo a Milano diventa è sempre più difficile portare avanti il nostro percorso di transizione.

Io dico che è ora di far sentire la nostra voce.

Voglio concludere con un appello all’unità del nostro movimento.

Smettiamo di essere divisi, perché tutti noi, gay, lesbiche, trans, donne, abbiamo nemici comuni, in primis le destre, il fondamentalismo cattolico e la cultura maschilista e patriarcale.

Smettiamo di sottolineare ciò che ci divide e battiamoci insieme affinché questo Paese possa finalmente definirsi LAICO e CIVILE.