La guerra in Ucraina e la relazione del Prof. Paolo Magri

🇺🇦🇮🇹 Oggi in Consiglio Comunale abbiamo ascoltato la relazione di Paolo Magri – Vicepresidente Esecutivo dell’ISPI e docente di Relazioni Internazionali all’Università Bocconi – sulla guerra in corso.
Presente il Sindaco Beppe Sala, la Giunta e il Consiglio Comunale.
Lo scenario è molto grave e non nascondo di aver provato grande inquietudine nell’ascoltare la lucida analisi del professore.
Tuttavia, a un certo punto, sono riuscita ad andare oltre la paura, grazie all’orgoglio per la nostra Milano e per la grande generosità che è capace di dimostrare.
Milano condanna l’attacco della Russia e si attiva concretamente a sostegno del popolo ucraino, per esempio predisponendo l’accoglienza dei profughi presso casa Jannacci:
https://milano.repubblica.it/…/milano_casa_jannacci…/.
Questa è soltanto una delle tante iniziative messe in campo negli ultimi giorni dalla nostra città.
Milanesi, forza, non permettiamo alla paura – più che comprensibile – di trasfigurarci e farci dimenticare l’accoglienza di cui siamo capaci e che deve inorgoglirci.

Il mio intervento in Consiglio comunale sulle proteste degli studenti del liceo Carducci di Milano

Da ex studente del liceo Carducci non potevo non raccogliere l’appello degli studenti del liceo in via Beroldo, così come di tutte le studentesse e gli studenti degli altri licei che hanno aderito alle occupazioni.

Sono intervenuta in Consiglio comunale perché ritengo urgente che la politica formuli una risposta convincente e coraggiosa alle sacrosante proteste degli studenti. Innanzi all’assurda morte di Lorenzo Parelli – a cui si è aggiunta quella di Giuseppe Lenoci, morto in un’incidente stradale durante uno stage – restiamo tutti sgomenti perché ci vediamo sbattuta in faccia la realtà di un paese che ha perduto la bussola e le coordinate da tempo. Apriamo gli occhi! Questa proteste portano la forza della una contestazione contro la progressiva trasformazione della scuola da palestra di vita, a luogo di addestramento concepito in funzione delle necessità delle imprese, con tanto di linguaggio aziendalista a confermarlo, con l’inquietante introduzione del “curriculum dello studente”.

I giovani si interrogano e ci interrogano su una scuola che oggi meno che in passato è in grado di garantire la mobilità sociale, concetto oggi decisamente démodé. Quante possibilità ha davvero oggi il figlio di una famiglia non abbiente di riscattarsi e di sperare in un futuro migliore? La scuola sa essere ancora un ascensore sociale? I ragazzi meno fortunati hanno possibilità concrete di migliorare il proprio tenore di vita e, in quest’ottica, di canalizzare positivamente le proprie energie?

Vicina agli studenti del Carducci e del Vittorio Veneto

Sono felice che gli studenti del liceo Carducci e del Vittorio Veneto abbiano occupato le loro scuole per mettere in discussione l’alternanza scuola-lavoro e contro la progressiva trasformazione della scuola da palestra di vita – o gymnásion – a luogo di addestramento concepito in funzione delle necessità delle aziende.

L’assurda morte di Lorenzo Parelli ci lascia sgomenti e ci sbatte in faccia la realtà di un paese che ha perduto la bussola e le coordinate da tempo.

I manganelli contro questi ragazzi sono inaccettabili e mi auguro che su quanto è successo si facciano opportune e doverose riflessioni.

Capodanno e violenze a Milano: il mio intervento in Consiglio Comunale

+++IL MIO INTERVENTO IN CONSIGLIO COMUNALE DEL 10/1/2022+++

“Buonasera e buon anno. Grazie Presidente.

Sempre restando sui fatti di Capodanno in Piazza Duomo, stiamo parlando di fatti ovviamente gravissimi, fatti che non possiamo e non dobbiamo permettere e tollerare. Credo che tutti ci auguriamo che i responsabili rispondano della violenza che hanno agito – penso che su questo siamo tutti d’accordo – e nel frattempo è doveroso esprimere la nostra vicinanza a queste donne, a queste vittime.

Mi sento però di dire che la riflessione sulle radici della violenza debba necessariamente concentrarsi e toccare i rapporti tra donne e uomini, e comprendere che la violenza è una manifestazione di come i rapporti uomo/donna vengono riprodotti in modo più o meno consapevole nella nostra cultura.

Liquidare, come ho visto fare, i responsabili come mostri o delinquenti, concentrando l’attenzione esclusivamente su fattori come la nazionalità e l’etnia, significa ricondurre il tutto a una patologia estranea a noi, estranea alla nostra normalità, renderla comunque un elemento che non ci mette in gioco. Auspicare che tutto questo venga delegato alla polizia, ai criminologi, significa rimuovere un problema, un problema che ci riguarda tutti e tutte. Se la violenza la fanno i mostri, i cosiddetti stranieri, allora noi non lo siamo in qualche modo, e quindi ci possiamo mettere l’anima in pace e delegare qualcuno che è incaricato di rimuovere il problema. Invece io credo che il problema esista, e che si chiami patriarcato pubblico, come ha giustamente sottolineato Silvia Roggiani, la nostra Segretaria del Partito Democratico di Milano. Come sappiamo, Silvia ha ricevuto decine di insulti, di minacce e di inviti allo stupro sulla pagina social di un Viceministro della Repubblica per avere osato condannare la cultura patriarcale in relazione ai fatti di Milano. Cito il titolo di un libro di una persona che stimo moltissimo, che è Laura Boldrini: “Questo non è normale”. Non è normale che Silvia Roggiani, alla quale va tutta la nostra solidarietà e il nostro affetto, sia stata il bersaglio di commenti violenti e criminali sulla pagina di un Viceministro della Repubblica, così come non è normale che in un paese democratico esistano politici che fanno carriera e arrivano a ricoprire alte cariche dello Stato grazie alla pubblicazione sistematica di messaggi razzisti, sessisti e omotransfobici, che vanno a solleticare la pancia degli elettori, tirandone fuori sempre e immancabilmente il peggio.

Non è normale, come è successo a Silvia Roggiani, ma come succede a tanti altri nel momento nel quale si segnalano delle criticità, diventare dei bersagli. Le battaglie per i diritti civili ci insegnano che l’odio, al di là di chi materialmente lo esprime, ha sempre dei mandanti morali, e non ci stupisce dover constatare per l’ennesima volta che coloro che prendono di mira Silvia Roggiani, Laura Boldrini, Monica Cirinnà, Alessandro Zan e tante altre e tanti altri appartengono alla stessa parte politica. Una parte politica che ha ostacolato con ogni mezzo l’iter parlamentare del disegno di legge Zan, e non è un caso. Lo dico perché la legge Zan, se oggi fosse in vigore, avrebbe contribuito a contrastare, prevenire e perseguire le molestie subite da quelle ragazze in Piazza Duomo, ma anche ciò che è successo alle due ragazze violentate in treno a inizio dicembre, e le aggressioni subite dai giovani appartenenti alla comunità LGBT dell’estate scorsa qui a Milano. Questi tre episodi sono legati a mio modo di vedere da un filo rosso ed è ora di aprire gli occhi su questo; la misoginia e l’omotransfobia hanno origine dallo stesso retroterra culturale patriarcale, un retroterra che ci appartiene. Grazie.”

7Franca Fabbiano, Rudy Mosk e altri 5

Cinque ragazze abusate e molestate a Milano

Cinque ragazze, la notte del 31 dicembre a Milano, circondate da un branco di una trentina di giovani, sono state abusate e molestate.

Mentre preparo il mio intervento sull’accaduto in vista del prossimo Consiglio Comunale, sono sgomenta e molto preoccupata.

Trovare i responsabili è ora, ovviamente, la priorità.

Esprimere la nostra più partecipata vicinanza alle ragazze è doveroso, ma dobbiamo anche renderci conto che non basta. Condannare la violenza non è sufficiente, bisogna riconoscere le sue radici, occorre analizzare i rapporti fra donne e uomini e comprendere che la violenza è una manifestazione di come i rapporti uomo-donna vengono riprodotti in modo più o meno consapevole nella nostra cultura.

Non basta condannare la violenza, occorre incoraggiare una visione trasformativa della cultura che produce la violenza! Liquidare i responsabili come mostri e delinquenti – come vedo fare da alcuni esponenti politici – significa ricondurre il tutto a una patologia estranea alla nostra normalità, renderla un elemento che non ci mette in gioco ma che va delegato alla polizia e ai criminologi e quindi – di fatto – rimuoverla.

Perché se la violenza la fanno i mostri, noi non lo siamo e quindi possiamo metterci l’anima in pace e delegare a qualcuno di rimuovere il problema. Invece il problema esiste, ci riguarda e si chiama patriarcato.

Il filo rosso di una cultura patriarcale, misogina e omotransfobica lega quanto è accaduto a Capodanno in Piazza Duomo, ciò che è successo alle due ragazze violentate in treno a inizio dicembre e le aggressioni subite dai giovani appartenenti alla comunità LGBT l’estate scorsa, ed è ora di aprire gli occhi su questo.Certo che chi agisce violenza deve pagare e rispondere alla giustizia, ma fermarsi a questo sarebbe miope.