Il corpo è nostro e lo gestiamo noi! Arcilesbica, ProVita e femminismo radicale contro l’autodeterminazione delle persone transgender

Da più parti, e trasversalmente, stanno arrivando attacchi all’#autodeterminazione delle persone #transgender.
In gioco la c’è la libertà di decidere dei nostri corpi (esattamente come fu – ed è – per le donne) che un certo pensiero vorrebbe rimettere in discussione, a partire dalla possibilità di sottoporci a interventi chirurgici e a terapie ormonali.
Penso a un certo integralismo cattolico (ProVita), a parti (minoritarie, per fortuna) del femminismo radicale, e a parti del movimento LGBT che sembrano – in modo preoccupante – convergere sull’idea che a decidere dei nostri corpi non dobbiamo essere noi, ma – tanto per cambiare – altri.
È una battaglia sui nostri corpi e sulle nostre vite quella che dovremo portare avanti negli anni a venire, per il diritto a decidere per noi stess*, contro ogni forma pensiero fascista e sovradeterminante.
Resistiamo!

Arcilesbica Nazionale perde i suoi circoli

La disaffiliazione di #Arcilesbica #Bologna e #Arcilesbica #Udine dal “nazionale” milanese è una buona nuova, che ci fa sperare nel futuro del nostro movimento.
Un segnale importante di emancipazione da visioni oscurantiste, tristemente vicine a quelle di una certa militanza cattolica fondamentalista (Adinolfi et similia) e ormai ossessionate dalla biologia come destino
(Sic! Perché solo chi ha una determinata realtà biologica potrebbe dirsi madre, genitore, donna… Tutto il dibattito è stato ricondotto da AN, senza mezze misure, ai corpi: un’involuzione del pensiero collettivo di movimento che avevamo, soprattutto noi persone trans – peraltro faticosamente – portato su altri piani, come quello del confronto sui #generi, ben distinti dai #sessi, e sulla loro variabilità).

Ora il problema – in vista del Pride – è più che mai presente a #Milano. Ed è un problema politico che non può più essere bypassato – IMHO – con la bella retorica dell’inclusività e dello stare insieme a tutti i costi, perché quei costi poi li pagano sempre i piccoli del movimento, le persone trans in primis.

Che si vuole fare?

Intanto i migliori auguri di buon lavoro a Lesbiche Udine e @Lesbiche Bologna

PS Evviva le “lesbiche pop”!

Sul sedicente “femminismo” TERF (Trans-exclusionary radical feminism)

“Il Trans-exclusionary radical feminism” (o TERF) è un sottogruppo minoritario e radicale del femminismo (ribadiamolo: è solo una parte del femminismo radicale) caratterizzato da transfobia, soprattutto trans-misoginia. Queste persone ritengono che le uniche “vere” donne siano quelle nate con vagina e cromosomi XX, supportando l’essenzialismo di genere.

Nel 2015, Elinor Burkett, giornalista americana, produttrice ed ex docente dell’Università del Maryland, attaccò Caitlyn Jenner, donna transgender, ex campione olimpico di decathlon, che aveva rilasciato un intervista per Vanity Fair dopo il suo coming out, con un articolo dal titolo “Donne e uomini hanno lo stesso cervello?”.

Successivamente Dame Jenni Murray, giornalista inglese della BBC, ha pubblicato un articolo per il Sunday Times Magazine, dal titolo: “Siate trans, siate orgogliose, ma non chiamatevi una donna ‘vera’”.

Fu poi la volta di Germaine Greer, scrittrice australiana, che è stata pesantemente contestata alla giornata internazionale della donna a Brighton per aver animato una retorica trans-escludente

Queste sono soltanto tre delle pensatrici sedicenti femministe che stanno promuovendo un messaggio dispregiativo e discriminatorio rivolto alle donne transgender in tutto il mondo, messaggio che è arrivato anche in Italia.

Nell’agosto 2017, Arcilesbica Nazionale ha condiviso un articolo intitolato: “I Am a Woman. You Are a Trans Woman. And That Distinction Matters.”, scatenando l’indignazione di buona parte del Movimento per i diritti LGBT italiano.

Occorrerà portare avanti in Italia, e con decisione, una nuova battaglia politica e culturale, come del resto sta già succedendo negli Stati Uniti, dove la questione dei bagni che le persone transgender dovrebbero utilizzare è già da tempo nell’agenda politica, con l’amministrazione Trump impegnata già da tempo nel promuovere un nuovo apartheid.

La legge 164/82 ha sancito il diritto legale delle persone transessuali e transgender a vedere riconosciuto legalmente il genere d’elezione senza alcuna distinzione con le persone cisgender: oggi una donna transgender, a seguito dell’iter di transizione, ha infatti diritto alla rettificazione anagrafica del sesso ed è considerata una donna a tutti gli effetti di legge.

Questi diritto potrebbe, un giorno, venire messo in discussione, mettendo in pericolo la nostra libertà e le conquiste fatte fino ad oggi. Non dimentichiamo che la storia contemporanea ci insegna che gli estremismi e le ideologie di parti anche avverse – e penso alle posizioni sulla transessualità espresse da un certo attivismo cattolico estremista che va dalle Sentinelle in Piedi e al movimento Pro Vita – finiscono spesso con l’essere coincidenti.

Diceva Lohana Berkins, attivista trans argentina:

Siamo traditrici del patriarcato, e questo spesso ci costa la vita. (…). Il patriarcato ci punisce perché rinneghiamo i privilegi della dominazione che ci conferiscono i genitali con cui nasciamo. (…) Questa violenza è la conseguenza di un’altra, quella sociale, e ci viene inflitta perché osiamo sfidare il compito che ci è stato assegnato che ci dice cosa dobbiamo essere e fare. A differenza di gay e lesbiche, le persone trans* non hanno scelta in quanto a visibilità.”