Sull’oppressione

“Con ironia rassegnata ma al tempo stesso pungente
constatavamo che, fra i partner delle persone come noi, abbondavano i bellocci disoccupati, le persone con velleità artistiche che rifuggivano – per la carità! – il lavoro, le donne ben poco piacenti e con scarsa attitudine a mantenersi.
Del resto c’era chi, amando una persona #transgender a Milano, si era fatto l’appartamento o lo aveva quantomeno ristrutturato.

Quando dicevamo queste verità a voce alta il tempo attorno a
noi si fermava e il re era nudo. Il nostro scopo era quello di scuotere persone e coscienze e di risvegliarle, perché ci addolorava vedere fratelli e sorelle alla mercé di gente senza troppi scrupoli e coscienza. Ciò che invece ottenevamo, almeno in un primo momento, era di passare per donne indurite e livorose, due streghe da confinare in qualche capanna alla periferia del villaggio.
Del resto, la fame d’amore rende molto fragili e stupidi, e solo il tempo aveva il potere di riabilitarci agli occhi di chi aveva visto in noi la causa del suo dolore.
E così, nel momento giusto, le fattucchiere tornavano a danzare nel cerchio, unite a tutti gli altri più di prima nell’affrontare quella nostra strana vita.”

Dal mio ultimo libro Gender R- Evolution, alcune (scomode) constatazioni sugli amori dichiarati e millantati, che costituiscono una delle forme più insidiose di #oppressione e manipolazione (degli appartenenti a qualsiasi minoranza, a dirla tutta).
Esse vogliono essere una risposta a chi negli anni tentato di far credere – anche in tempi recenti – che le “brutte, sporche e cattive” (riprendendo Porpora Marcasciano) fossimo noi.
Eravamo e ci situavamo – felicemente! – ben lontane dalla quella narrazione #maninstream che vorrebbe la persona transgender grata (e prostrata) per l’amore che le verrebbe ‘concesso’.
Eravamo le “#cattive” perchè dicevamo le cose come stavano.

Leave a Comment