Il mio primo anno in Consiglio in dieci punti

È già trascorso più di un anno dalla mia elezione in Consiglio comunale ed è giunto il momento di un primo bilancio delle cose fatte.
1) A dicembre del 2021 ho tenuto il mio primo intervento in Consiglio e ho deciso di parlare dello sciopero  generale proclamato da CGIL e UIL del 16 dicembre del 2021, schierandomi in difesa dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
2) All’inizio di febbraio, nel corso di una Commissione consigliare trigiunta (Controllo Enti Partecipati, Sviluppo economico e politiche del lavoro, Mobilità ambiente e verde) ho sostenuto, insieme ad altri consiglieri, le richieste dei lavoratori di SEA – l’azienda partecipata del Comune di Milano che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa, società al 54% di proprietà del Comune – di rimandare l’invio delle comunicazioni di trasferimento del ramo di azienda per aprire un tavolo di lavoro con il Consiglio comunale e con i sindacati. La risposta alla nostra richiesta è stata negativa. Così, con altri consiglieri, ho firmato un Ordine del Giorno – a prima firma del collega Alessandro Giungi – che impegna SEA a riassumere i 60 lavoratori esternalizzati nel caso dovessero perdere il posto presso la nuova società.  L’ordine del giorno è stato poi approvato dal Consiglio comunale. Purtroppo non abbiamo fermato l’esternalizzazione come avremmo voluto, ma portato comunque a casa una piccola vittoria.
3) Da ex studentə del liceo Carducci, ho raccolto l’appello delle studentesse e degli studenti del liceo in via Beroldo, così come di tutte le studentesse e degli studenti degli altri licei milanesi che hanno aderito alle occupazioni delle scuole all’inizio del 2022, in seguito all’assurda morte di Lorenzo Parelli, lo studente morto in un incidente in azienda nell’ultimo giorno di “alternanza scuola-lavoro”, a cui si è poi aggiunta quella di Giuseppe Lenoci, morto in un’incidente stradale durante uno stage. Le studentesse e gli studenti hanno portato la forza della contestazione contro la progressiva trasformazione della scuola da palestra di vita, a luogo di addestramento concepito in funzione delle necessità delle imprese, con tanto di linguaggio aziendalista a confermarlo, con l’inquietante introduzione del “curriculum dello studente”. Le giovani e i giovani si interrogano e ci interrogano su una scuola che oggi meno che in passato è in grado di garantire la mobilità sociale, concetto ormai decisamente démodé.
4) La prima mozione a mia firma – come terza firmataria dopo i colleghi Daniele Nahum e Natascia Tosoni – approvata dal Consiglio comunale, riguarda la sicurezza sul lavoro dei «riders», quelle persone che vediamo sfrecciare tutti i giorni sulle nostre strade, portare cibo caldo nelle nostre case e lavorare in condizioni spesso molto rischiose per la loro incolumità.
Abbiamo chiesto l’istituzione di un Albo dei Riders e la creazione di zone di ristoro dove queste lavoratrici e lavoratori potranno fare delle pause, utilizzare i servizi igienici, rinfrescarsi e ricaricare gli smartphone. Abbiamo inoltre richiesto l’erogazione di servizi gratuiti da parte del Comune, come corsi di formazione, corsi di sicurezza sul lavoro e di sicurezza stradale, corsi di lingua italiana.
5) Un’altra mozione di cui vado davvero molto orgogliosa e che mi ha visto prima firmataria, è quella che ha impegnato il Sindaco e la Giunta comunale a esprimere solidarietà ai 48 lavoratori della nota azienda Immobiliare.it, vittime di quello che le sigle sindacali hanno definito un «licenziamento mascherato». Il Tribunale del Lavoro di Milano ha dato successivamente ragione ai sindacati e torto all’azienda annullando i trasferimenti.
6) All’inizio di giugno 2022, il Consiglio comunale di Milano ha approvato due miei emendamenti al Documento Unico di Programmazione dedicati al diversity management, che prevedono:
– la formazione dei dipendenti del Comune di Milano sulle tematiche di diversity & inclusion e sul contrasto alle discriminazioni basate su genere, età, disabilità, appartenenza etnica, orientamento sessuale e identità di genere;
– la promozione – da parte del Comune di Milano e di concerto con la Camera di Commercio, la Città Metropolitana e le rappresentanze delle imprese – della formazione rivolta alle piccole e medie imprese sulle tematiche della diversity e sul contrasto alle discriminazioni.
Spero che potremo presto – di concerto con l’Assessora Alessia Cappello e con Diana de Marchi, che in Città Metropolitana ha la delega per il lavoro – collaborare per rendere la nostra città ancora più inclusiva.
7) Uno dei momenti più toccanti della mia consigliatura, almeno fino a oggi, è stato quello in cui ho ricevuto un messaggio di ringraziamento da parte di Battista Lena, figlio di Carla Lonzi, una delle madri del femminismo italiano, venuta a mancare nel 1982. Grazie a Ordine del Giorno un firmato dalla consigliera Diana de Marchi e da me, e approvato dal Consiglio comunale, una via di Milano verrà intitolata a questa scrittrice, teorica e pensatrice fondamentale per tutte le donne.
8 ) C’è poi naturalmente il lavoro, per me importantissimo, che sto portando avanti in qualità di Vicepresidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili, in un’ottica assolutamente intersezionale, perché con la Presidente Diana De Marchi in questo anno abbiamo costruito un’alleanza basata sull’idea che lo sguardo e l’ombrello sulle pari opportunità e sui diritti vadano il più possibile allargati (e non ristretti come invece vorrebbe l’attuale Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella).
9) Last but not least, non poteva mancare la mia mozione – approvata dal Consiglio comunale nel maggio scorso – per il miglioramento della qualità della vita delle persone transgender, di genere non conforme e non binarie, attraverso l’istituzione del primo Registro di Genere in Italia.
Recentemente, con la Delegata del Sindaco alle Pari Opportunità Elena Lattuada, abbiamo predisposto un rapporto sulla realtà transgender a Milano, al fine di predisporre scelte consapevoli da parte dell’amministrazione nell’attuazione della mozione approvata dal Consiglio. Il rapporto è stato predisposto con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità – in particolare con il portale Infotrans e il suo Responsabile Scientifico, la dr.ssa Marina Pierdominici -, con l’Ospedale Niguarda di Milano, con professionisti medici endocrinologi, avvocati e con le associazioni di riferimento sul territorio.
Ora la palla passa al Sindaco Beppe Sala e alla Giunta comunale – penso in particolare a Gaia Romanie a Lamberto Bertolé – per quanto riguarda la messa a terra del provvedimento.
10) Fino all’inizio di dicembre, ho mantenuto il 100% delle presenze alle sedute del Consiglio. Poi, purtroppo, è arrivato il Covid, a causa del quale non ho potuto partecipare a due sedute. Il mio impegno con la cittadinanza – i particolare con le cittadine e i cittadini che mi hanno dato fiducia – resta quello di essere sempre presente ai lavori del Consiglio, fatti salvi oggettivi impedimenti.

Conferenza mondiale Science for Peace and Health della Fondazione Veronesi

Il mio intervento alla 14ª Conferenza Mondiale Science for Peace and Health della Fondazione Umberto Veronesi

L’11 novembre scorso, ho avuto il piacere e l’onore di intervenire alla , organizzata dalla Fondazione Umberto Veronesi – che ringrazio per l’invito – presso l’aula magna dell’Università Bocconi.
Nell’edizione di quest’anno la Conferenza ha deciso di affrontare il tema delle differenze sessuali e di genere a partire dalla prospettiva delle scienze. Il tema è stato esplorato con l’approccio multidisciplinare che è carattere distintivo della Conferenza, prendendo in esame l’ambito scientifico, sanitario, economico e sociale.
Sono intervenuta in qualità di Vicepresidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili del Comune di Milano e di specialista sulle tematiche di diversity & inclusion nelle organizzazioni, al fine di illustrare le politiche per la diversità nella città di Milano.

Il linguaggio inclusivo e l’importanza della formazione presso le aziende

Oggi pomeriggio terrò una formazione sul linguaggio inclusivo (per informazioni sui miei corsi scrivete pure all’indirizzo info@monicaromano.it) rivolta ai corsisti del Master in Risorse Umane di Bianco Lavoro Academy.

Preparando le slide per la mia relazione, ho pensato di scrivere un articolo che offra una definizione di linguaggio inclusivo e che risponda ad alcune domande che ricevo molto frequentemente:

 

  • Che cos’è il linguaggio inclusivo?
  • Perché usare il linguaggio inclusivo?
  • Il linguaggio inclusivo viene insegnato nelle aziende in Italia?
  • Il linguaggio può veicolare i nostri pregiudizi e stereotipi?
  • Ci sono degli esempi di linguaggio inclusivo?

Che cos’è linguaggio inclusivo? Una definizione

 

Il linguaggio è la facoltà dell’essere umano di entrare in relazione con altre persone attraverso un sistema di simboli, che altro non sono che convenzioni, cioè accordi che abbiamo trovato nell’abbinare i diversi significati ai significanti. Appartenendo a uno stesso sistema socio-culturale noi arriviamo a capirci perché il linguaggio è primariamente uno strumento di comunicazione e interazione.

Il linguaggio è una facoltà che apprendiamo fin dalla primissima infanzia. Il linguaggio non viene insegnato, ma appreso in modo organico nell’interazione con l’ambiente, il contesto, le persone con cui cresciamo attraverso il gioco, che in quegli anni è lo strumento di scoperta e confronto con chi ci sta intorno. A scuola ci vengono poi insegnate le regole grammaticali e sintattiche e l’arricchimento del vocabolario. Così si favorisce lo sviluppo sociolinguistico e via via il nostro linguaggio diviene sempre più ricco e sofisticato fino a renderci autonomi in età adulta.

Il linguaggio svolge una funzione su quattro piani essenziali:

  • Cognitivo – Ci consente di descrivere eventi ed esperienze senza che vi sia stata esperienza diretta, ma anche di scambiare informazioni e contenuti. Grazie al linguaggio noi mettiamo a fattor comune dei contenuti.
  • Comunicativo – Permette la trasmissione di messaggi e l’interazione sociale che, a seconda del linguaggio utilizzato, può essere di vario tipo, ad esempio formale o informale a seconda dei codici linguistici che decidiamo di utilizzare.
  • Imprinting Il linguaggio dà forma ai nostri pensieri e ai nostri processi cognitivi.
  • ContestoIl linguaggio non si limita a descrivere la realtà, la costruisce e dà forma al pensiero e ai processi cognitivi.

Il linguaggio inclusivo è quindi un linguaggio che non discrimina, un linguaggio attento alle diversità, un linguaggio che fa sentire le persone rispettate. Il linguaggio inclusivo mette al centro le persone, le individualità e non le categorie di cui le persone fanno parte. In questo senso, “Il linguaggio è un atto di identità”, citando la sociolinguista Vera Gheno, perché le parole che usiamo e scegliamo dicono chi siamo. Il linguaggio, insomma, ci definisce.

Perché usare il linguaggio inclusivo?

L’inclusione delle diversità produce valore per le persone considerate diverse (maggior senso di appartenenza e quindi di motivazione e partecipazione e perciò di produttività), ma esistono anche indicatori dell’impatto di business ed economico che si produce all’interno di un contesto economico e organizzativo.

La lingua utilizzata fino a poco tempo fa nelle aziende era costruita su una norma che per motivi storico-culturali era cucita su un’impronta maschile, caucasica, eterosessuale, cristiana e abile. Quella lingua non aderisce a una nuova realtà fatta di moltissime differenze e sfumature.

Occorre accompagnare le organizzazioni per far sì che il linguaggio che si utilizza lavori a favore di un percorso inclusivo. Un linguaggio che deve andare oltre le campagne di comunicazione e arrivare al quotidiano: il linguaggio che utilizziamo durante una riunione, il linguaggio del corpo di quando ci si incontra nei corridoi di un’organizzazione.

Il linguaggio inclusivo nelle aziende e in Italia

 

Normalmente l’Italia è un paese che tendiamo a considerare arretrato dal punto di vista del lavoro per l’inclusione delle differenze. In netta controtendenza con questo immaginario condiviso, rileva segnalare che le aziende italiane stanno invece rispondendo molto bene e che – a oggi – abbiamo una richiesta elevatissima di corsi e formazioni dedicate al linguaggio inclusivo. Scuole, università e terzo settore fanno un lavoro importante in questo senso, ma è innegabile che il mondo delle corporate e delle aziende stia dando in questi anni una spinta decisiva a un vero e proprio cambiamento culturale.

Così siamo approdati al Diversity and Inclusion Speaking, con veri e propri corsi di linguaggio inclusivo che si ispirano ai corsi di lingua straniera, con tanto di test di ingresso in cui si viene valutati rispetto al proprio livello di competenza e consapevolezza.

A seconda del livello si costruisce un percorso che si articola in diversi incontri e una valutazione finale per valutare impatto e cambiamento portati dai corsi.

Il linguaggio come veicolo di pregiudizi inconsci (bias cognitivi)

Il linguaggio fa parte della nostra vita praticamente da sempre, e quindi siamo portati a dare molte cose per scontate. Tolte le situazioni formali, noi non riflettiamo sul linguaggio che utilizziamo (del resto il linguaggio è anche un automatismo), soprattutto in situazioni in cui siamo sotto stress e parliamo velocemente. Ripeschiamo nel nostro repertorio linguistico le espressioni che utilizziamo da sempre. Non ci riferiamo in questa sede al linguaggio di odio utilizzato appositamente per offendere e far del male, ma a quello che veicola pregiudizi in modo inconsapevole.

Esempi sul linguaggio inclusivo di genere

(a partire da espressioni di uso comune che sarebbe bene evitare!)

 

 

  • Esempio 1

Utilizzare “signora” al posto di “dottoressa” nel rivolgersi a una collaboratrice sul posto di lavoro

Con questa scelta di parole, si mortifica il valore professionale di una collega o collaboratrice.

  • Esempio 2

“Bella e brava!”

Spesso, chi utilizza espressioni come questa pensa di rivolgere un complimento e di gratificare chi lo riceve.

Purtroppo in moltissimi casi accade l’esatto contrario, perché – come molte partecipanti ai corsi di diversity & inclusion speaking hanno evidenziato partendo dalle loro personali esperienze – complimenti di questo tipo possono provocare disagio e imbarazzo.

Esempi sul linguaggio inclusivo rivolto alle persone LGBT*

(a partire da espressioni e pratiche di uso comune che sarebbe bene evitare!)

 

  • Esempio 1

Dare del gay a un eterosessuale

«Ma non è una cosa grave, lui non è gay e quindi non è un’offesa!»

In realtà, questa pratica fra uomini eterosessuali serve a prendere le distanze dall’omosessualità.

Se accade fra omosessuali ovviamente il senso è completamente diverso e richiama appartenenza.

  • Esempio 2

Ridicolizzare e schernire l’uso dello schwa e dell’asterisco

Lo schwa – trascritto con ə – e l’asterisco sono simboli molto importanti per la comunità LGBT+, in particolare per la comunità transgender e non binaria, perché veicolano un linguaggio che non esclude chi si discosta dal paradigma uomo/donna. Fare ironia sull’utilizzo di questi simboli significa mortificare le istanze di inclusione di questa comunità, che riguardano anche il linguaggio.

E, a proposito…

Come si legge l’asterisco? Perché si usa l’asterisco?

L’asterisco non si legge, si scrive e basta. Si usa affinché anche i destinatari del nostro messaggio appartenenti alla comunità transgender e non binaria si sentano inclusi fra le persone a cui ci rivolgiamo.

Come si legge lo schwa? Perché si usa lo schwa?

Se collocato come desinenza di una parola, anche lo schwa  non si legge, si scrive e basta.

Per pronunciare la parola “schwa”:  la “c” non è dura come in “scuola”, ma morbida come in “piscina”, e anche il gioco con la “s” e l'”h”, che è muta, aiuta a riprodurre il suono sibilante “shhh”. La parola schwa si pronuncia “shuàa”, con una “a” allungata sul finale.